La Cappella Sansevero a Napoli: il velo del Cristo è frutto di un processo alchemico

di Selenia De Michele

Nel vasto panorama di artisti e di mecenati che hanno avuto a che fare con l’alchimia e i suoi segreti, sicuramente degno di nota è il Principe di Sansevero. Su questo personaggio, ritenuto fino a pochi anni fa un mago-stregone, si sta procedendo ad un’adeguata e seria riabilitazione grazie alla scoperta recente di numerosi documenti, anche autografi dello stesso principe, che ne ripropongono la figura come quella di uno scienziato, inventore di macchine idrauliche e pirotecniche, uomo assai colto, ma soprattutto alchimista.

Cappella Sansevero Interni Cristo Velato
Cappella Sansevero Interni Cristo Velato

La scoperta dei nuovi documenti in parte rinvenuti presso l’Archivio Notarile di Napoli si deve alla studiosa napoletana Clara Miccinelli. Il soggetto più interessante ai fini del suo rapporto con l’alchimia è la statua marmorea del Cristo velato, opera dello scultore Giuseppe Sammartino. La celebre scultura è posta nella parte centrale del pavimento nella Cappella Sansevero: sopra una base con panneggio in marmo bardiglio, si trova la statua velata del Cristo poggiante su un materasso con due cuscini. L’esecuzione del velo, trasparente sul corpo senza vita, è straordinaria, con effetti plastici che meravigliano tanto realistica ne è l’esecuzione. La notizia sta nella recente scoperta che il velo non è di marmo, come si era finora creduto, bensì di stoffa finissima, marmorizzata con un procedimento alchemico dal Principe stesso a tal punto da costituire insieme alla scultura sottostante un’unica opera. Nell’Archivio Notarile è stato rintracciato il contratto tra Raimondo di Sangro ed il Sammartino per la realizzazione della statua. In esso si legge che lo scultore si impegna ad eseguire “di tutta bontà e perfezione una statua raffigurante Nostro Signore Morto al naturale da porre nella chiesa gentilizia del Principe”. Raimondo di Sangro si obbliga, oltre a procurare il marmo, “ad apprestare una Sindone di tela tessuta, la quale dovrà essere depositata sopra la scultura; acciò, dipodichè, esso Principe l’haverà lavorata secondo sua propria creazione; e cioè una deposizione di strato minutioso di marmo composito in grana finissima sovrapposto al velo … dinotante come fosse scolpito di tutto con la statua”. Il Sammartino si impegna inoltre a “non svelare al compimento di essa (statua) la maniera escogitata dal Principe per la Sindone ricovrente la Statua”. Allo stupefacente contratto si aggiunge un ulteriore documento nel quale è riportata la ricetta per fabbricare il marmo a velo. Se i due documenti stabiliscono senza equivoci i limiti dell’abilità del Sammartino mettono altresì in rilievo il talento alchemico del Sansevero che pone la sua perizia operativa al servizio della sua dottrina ermetica, dal momento che si impegna nella realizzazione di una delle immagini misteriche per eccellenza del simbolismo cristiano, quella della Sindone, il lenzuolo in cui fu avvolto il corpo di Gesù deposto dalla croce.

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