La Basilica di San Vitale: la luce divina nei mosaici

di Laura Corchia

Monumento principe dell'”età dell’oro” ravennate, la basilica di San Vitale fu edificata a partire dal 525 per iniziativa del vescovo Ecclesio.

La pianta centrale ottagona deriva da modelli costantinopolitani, probabilmente osservati ed apprezzati dal vescovo durante una missione guidata da papa Giovanni I. Esternamente, la fabbrica si presenta con un’abside sporgente poligonale fiancheggiata da due ambienti laterali e si articola su due livelli corrispondenti, in pianta, a due ottagoni concentrici: il livello inferiore coincide con il perimetro esterno dell’edificio e abbraccia in altezza il deambulatorio anulare e il soprastante matroneo, mentre il corpo emergente più interno riveste il tamburo e la cupola soprastante.

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Questa poggia su otto pilastri cuneiformi che danno vita ad una complessità degli spazi, maggiormente amplificata dal variegato gioco di luci che fa vibrare il rivestimento musivo.

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L’apparato decorativo fu fatto arrivare dalle officine della capitale già scolpito e, assieme al mosaico, attenua la pesantezza delle strutture murarie. I capitelli e le transenne sono percorsi da trafori a motivi vegetali, assumendo la consistenza e la preziosità di una trina. Alcuni capitelli hanno forma piramidale, altri sembrano gonfiarsi all’interno assumendo un profilo ondulato.

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La decorazione musiva si concentra nell’area presbiteriale: la volta è suddivisa in quattro settori, dove un acanto lumeggiato d’oro avvolge le sue ampie volute, abitate da piccoli animali e da uccelli. L’agnello mistico, sostenuto da quattro angeli con le braccia alzate, campeggia al centro. In basso, il mosaicista ha raffigurato scene che alludono al Sacrificio di Cristo: accanto alle figure degli evangelisti e a episodi della vita di Mosè, appaiono raffigurati Abramo, Abele e Melchisedec. Nel catino absidale è raffigurato Cristo Redentore, giovane e imberbe, che porge la corona del martirio a San Vitale mentre il vescovo Ecclesio regge il modellino della chiesa.

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Il registro inferiore raffigura la corte imperiale: da un lato appare Giustiniano circondato dal suo seguito, dall’altro l’imperatrice Teodora accompagnata dalle sue ancelle. Benché non avesse mai visitato Ravenna, Teodora è raffigurata mentre partecipa alla celebrazione eucaristica recando la coppa del vino. L’espressione intensa del volto ha fatto supporre che si tratta di un ritratto autentico e questo intento naturalistico si combina con l’estrema stilizzazione delle figure, che si stagliano immobili contro il fondo dorato. Teodora è riccamente abbigliata e sfoggia preziosi monili fatti di pietre incastonate e pendenti di perle. Il corteo è accolto in un lussuoso ambiente incorniciato da ricchi tendaggi e da elaborate strutture architettoniche che, tuttavia, non riescono a creare alcuna illusione spaziale e appaiono piuttosto come delle quinte teatrali. Le immobili figure sembrano sagome prive di peso, librate nell’aria. Incapaci di occupare uno spazio reale, hanno i piedi che si sovrappongono l’uno all’altro.

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