Il Sacrario del Pasubio. Risultati inediti di un restauro

di Giorgia Cestaro

Sembra la continuazione naturale del contesto geografico in cui si erge: con sommessa discrezione il sacrario del Monte Pasubio svetta sul colle Bellavista, a 1217 metri, camuffandosi tra le guglie dolomitiche che dominano la Val Leogra e facendosi ammirare nella sua sagoma, anche  a lunga distanza, dalla pianura vicentina.

Ossario del Pasubio
Ossario del Pasubio

Questo, del Monte Pasubio, costituisce il primo esempio architettonico di Sacrario il cui restauro, appena concluso, ha restituito tutto il suo originale valore artistico alla memoria del luogo.

Promosso dalla “Fondazione 3 novembre 1918” per accogliere i combattenti della I Armata che qui caddero durante il primo conflitto mondiale, anticipò nella sua costruzione la legge che nel 1931 avrebbe decretato lo smantellamento dei cimiteri di guerra e la creazione di ossari. Per tale motivo, nella sua mole di pietra, si distingue dagli altri, memore ancora di una tradizione ottocentesca e totalmente svincolato da modelli di riferimento. Mentre, per contrapposizione, altri ossari (quello del Monte Grappa e quello di Redipuglia ad esempio) si impongono nel territorio con la loro presenza rigida e monumentale, il sacrario del Pasubio, inaugurato il 29 agosto 1926 da Re Vittorio Emanuele III, stabilisce, con il paesaggio circostante un dialogo armonico grazie alla pietra del vicino Monte Cornetto di cui è rivestito.

Affreschi della volta della Cappella prima del Restauro
Affreschi della volta della Cappella prima del Restauro

Dal punto di vista architettonico l’Ossario, progetto dell’architetto Ferruccio Chemello (1862-1943), si presenta come una torre a piramide tronca poggiante su un basamento aggettante a pianta quadrata, all’interno del quale è contenuta la cripta; sopra di essa il corpo della torre si snoda in altri cinque piani rispettivamente occupati da una cappella consacrata collegata, attraverso un vano di passaggio, alla Sala dell’Attesa dalla quale si sale verso la Sala dell’Apoteosi coronata, al quinto piano, dalla Sala della Lanterna. Gli spazi prendono significato nella loro decorazione ad affresco, magistrale esempio di stile Liberty italiano di Tito Chini (1898-1947), come un percorso iniziatico per le anime degli eroi sepolti. Passando attraverso la grata di piombo  queste, simbolicamente, lasciano l’ambiente di sepoltura e vengono accolte nella cappella da una schiera di Santi Guerrieri. Al secondo piano architettura e decorazione a fresco creano una sinestesia di significati: il senso di claustrofobia generato dall’ambiente basso e severo della Sala dell’ Attesa è amplificato dalle figure monocrome di soldati  che riposano vicino a  finestrelle- feritoie. In questo vano le anime sostano prima della grande impresa che le porteranno all’elevazione. La sala dell’Apoteosi, infatti, presenta sulle quattro pareti le scene celebrative della battaglia: dall’attesa in trincea, al violento assalto, dalla tragedia della battaglia alla celebrazione della vittoria con il Generale Pecori Giraldi (la cui salma è custodita nella cripta) di fronte a un’allegoria dell’Italia coronata d’alloro. Il viaggio delle anime si conclude nella Sala della Lanterna in cui, ormai giunte alla gloria, possono liberarsi verso l’eterno attraverso quattro finestre a forma di croce che di sera illuminano la valle sottostante, trasformando l’ossario in una specie di faro.

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A noi, fortunatamente, oltre al monumento è giunta tutta la documentazione prodotta durate la sua  costruzione, fonte essenziale che ha accompagnato il lavoro di restauro in tutte le sue parti; presso la Biblioteca Civica di Schio è custodito il fondo Chemello comprensivo dei progetti e dell’interessante carteggio intercorso con il pittore Tito Chini.

Dai documenti, presi in esame dalla ditta Arcart Srl di Vicenza che ha effettuato i lavori, è emerso che, ancora in fase di esecuzione degli affreschi, lo stesso Chini aveva rilevato evidenti problemi di umidità. Per ovviare a tali problematiche l’artista suggerì l’impermeabilizzazione del parato lapideo esterno e delle fughe in malta, lavoro però mai eseguito. Nonostante il persistere del problema si proseguì con la decorazione ad affresco degli ultimi due piani, eseguendo una semplice sigillatura in cemento dei giunti tra le pietre del rivestimento esterno e interponendo una guaina in catrame tra l’intonaco di finitura e l’arriccio. Da questo momento in poi si susseguirono per decenni ispezioni e perizie per definire la causa delle infiltrazioni e i possibili interventi per risanare il monumento, fino ad arrivare alle operazioni di restauro più recenti degli anni ’90 e Duemila che, per quanto limitarono i danni, non li risolsero. Il film pittorico dell’intera decorazione risultava seriamente compromesso da sollevamenti, distacchi di intonaci e colore  e da fenomeni di solfatazione, così la Fondazione 3 novembre, ente creato dallo stesso generale Pecori Giraldi, si prodigò ancora una volta ad assolvere il compito per il quale era nato: “onorare la memoria dei Caduti”.

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Arcangelo Michele
Arcangelo Michele

Prima di giungere all’intervento vero e proprio le maestranze di Arcart Srl hanno effettuato un’approfondita campagna di indagini: analisi termografiche, prelievo di campioni della pellicola pittorica e degli intonaci, analisi e mappatura con rilevazione dei dati termoigrometrici. Dopo un anno di ricerche i restauratori sono  giunti alla redazione di un dettagliato documento dello stato di degrado del manufatto che ha portato all’elaborazione di un progetto di intervento condiviso e approvato dalla Soprintendenza delle Belle Arti e del Paesaggio di Verona nella figura della dottoressa Chiara Rigoni.

Recupero affreschi della volta
Recupero affreschi della volta

Il restauro, durato 18 mesi, è stato completo: dal consolidamento e pulitura degli affreschi alla impermeabilizzazione del monumento dall’esterno attraverso la rimozione delle fughe di cemento e la loro ristilatura con idonea malta. Preventivamente il monumento è stato interamente trattato con un biocida, sono state inoltre rimosse le colature causate dall’ossidazione e applicato un idoneo protettivo studiato in laboratorio.

Al di là degli intenti conservativi, il restauro, ha fatto emergere numerose curiosità che aiutano a capire come questo fosse stato, al tempo, un cantiere all’avanguardia sede di aggiornate sperimentazioni. Una delle novità che ha sorpreso i restauratori è stato l’utilizzo da parte del pittore della polvere di ottone miscelata all’intonaco per ottenere sorprendenti effetti luministici e l’impiego dei primi colori ai silicati. Se questi materiali da un lato testimoniano la continua ricerca dell’artista, dall’altro, l’abbandono delle tradizionali tecniche di realizzazione dell’affresco,  si manifesta dopo decenni in ulteriori problemi conservativi: la polvere di ottone si era di fatto ossidata portando a delle alterazioni cromatiche e i silicati avevano formato una patina biancastra sulla superficie pittorica.

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Pulitura delle volte affrescate
Pulitura delle volte affrescate

I lavori hanno messo in luce anche altre direzioni della ricerca espressiva di Tito Chini: l’utilizzo di incisioni e intagli dei fondi. Nonostante si fosse a conoscenza della tecnica  a graffito qui utilizzata, gli effetti originali di questa operazione si erano affievoliti: a sorpresa le figure monumentali dei santi guerrieri riemersero dalla pulitura in tutta la loro plasticità, dimostrando una chiara ricerca materica da parte del frescante. Le figure risultano ora staccate dal fondo attraverso decisi intagli sul tonachino esibendo una tridimensionalità che prima appariva appiattita. Aspetti sicuramente più intimi e caratteristici, emersi sempre in questa fase di pulitura, sono i numerosi ripensamenti e correzioni del pittore, nonchè le tracce dello spolvero battuto a carbone che permettono la lettura dell’originale disegno preparatorio.

Cappella, dettaglio tecnica a graffito
Cappella, dettaglio tecnica a graffito

Tutte queste piccole scoperte sono state rese note in anteprima ai visitatori che hanno accolto l’iniziativa di Arcart Srl, la quale, in occasione dell’inizio delle celebrazioni per il centenario della Grande Guerra,  ha aperto il cantiere e sponsorizzato visite guidate.

Ancora una volta, dunque, il recupero di un monumento di tale calibro, al di là dell’intrinseco valore morale di cui è portatore, conduce a meditare sull’importanza fondamentale del Restauro, non solo come momento di ripristino delle originali qualità estetiche, non solo come circostanza di valorizzazione, altresì come imprescindibile situazione di studio, scoperta e approfondimento.

Restituzione grafica dello spaccato della struttura
Restituzione grafica dello spaccato della struttura

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