Il cane nell’arte: simbolo di fedeltà e invidia

Di Laura Corchia

Il cane nella storia dell’arte ha assunto significati discordanti, anche se generalmente rappresenta fedeltà. Già Plinio ricorda che, insieme al cavallo, questo animale è il più fedele compagno dell’uomo.

In ambito mitologico, il cane è attributo di Diana e di altri cacciatori, come Adone, Cefalo e Atteone. Proprio quest’ultimo fu trasformato in cervo e sbranato dai suoi stessi cani per aver osato osservare Diana e le sue ninfe mentre, nude, si bagnavano presso una fonte.

Il cane assume una valenza negativa in Oriente e nella Bibbia, considerato compagno inseparabile di meretrici, maghi e idolatri. Nelle rappresentazioni dell’Ultima Cena, viene raffigurato ai piedi di Giuda, oppure mentre sta affrontando un gatto, con chiare allusioni all’inimicizia.

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Nelle lapidi medievali esprime fedeltà. Emblematico è, a tal proposito, il cane che si accuccia ai piedi di Ilaria del Carretto, nel monumento funebre eseguito da Jacopo della Quercia. Il tenero animale volge lo sguardo malinconico verso l’amata padrona che si è addormentata in un sonno eterno.

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Per quanto riguarda l’iconografia profana, è possibile scorgere il cane come fedele amico dell’uomo soprattutto nei ritratti. In grembo a una figura femminile, così come nei ritratti dei coniugi, diventa simbolo di fedeltà coniugale.

Una delle opere più note dove compare il cane è il Ritratto dei coniugi Arnolfini dipinto da Jan van Eyck nel 1434. Qui, come nella Vanità di Hans Membling, compare una razza particolare: il griffone. La sua indole dolce e fiera lo spinge ad attaccarsi molto al suo padrone e, in questi casi, rappresenta proprio l’amore e la fedeltà.

Jan Van Eyck, I coniugi Arnofini.
Jan Van Eyck, I coniugi Arnofini.

Vittore Carpaccio dipinge un’opera intitolata Due dame. Il dipinto che fa pendant con la Caccia in laguna, mostra un brano di vita quotidiana, con due donne veneziane che riposano su una veranda, mentre gli uomini sono a caccia in laguna. Gli svaghi delle due signore comprendono i giochi con due cani e l’osservazione di numerosi uccelli, tra cui  un pappagallino, una pavoncella e due tortore. Tutta l’opera è pervasa da simboli che alludono alle virtù che si richiedono ad una sposa: la paziente attesa del ritorno del proprio marito, la continenza e la modestia. Il matrimonio è richiamato dal mirto nel vaso a destra (pianta legata a Venere e a Maria), dalle tortore che indicano un solido legame sponsale e dall’arancia, chiaro simbolo di tutte le spose. La pavoncella è legata alla fecondità, mentre i due cani simboleggiano fedeltà e vigilanza. Soprattutto quello avvinghiato al bastone alluderebbe alla sorveglianza. Secondo un’altra interpretazione, l’animale è un lupo, che richiama l’immagine della prostituta.

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Vittore Carpaccio, Due dame veneziane
Vittore Carpaccio, Due dame veneziane

In un altro dipinto di Vittore Carpaccio intitolato Giovane Cavaliere sono raffigurati due cani: uno ha un’aria minacciosa, simbolo delle avversità che in cavaliere ha superato, l’altro ha delle sembianze più bonarie, chiaro richiamo alla fedeltà e alla lealtà.

 

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