Henri de Toulouse-Lautrec: il Can Can della solitudine

di Laura Corchia

“Mi piacerebbe parlarvi un po’ di ciò che faccio, ma è così particolare, così fuori legge.”

(Henri de Toulose-Lautrec)

Negli anni di maggior rigoglio dell’Impressionismo, quando i pittori cercavano la loro ispirazione lungo le rive della Senna o in mezzo ai campi, un pittore cercava i suoi soggetti all’ombra delle strade di Montmartre, nei suoi caffè concerto, nei suoi cabaret, nei suoi circhi e nelle sue maisons closes. 

Questo pittore era il conte Henri de Toulouse-Lautrec, un artista che non appartiene ad alcuna corrente, abile ad indagare fisionomie e caratteri attraverso una pittura spirituale e tragica.

Henri de Toulouse-Lautrec, Ballo al Moulin Rouge, 1889-1890
Henri de Toulouse-Lautrec, Ballo al Moulin Rouge, 1889-1890

Nonostante le nobili origini, scelse la sua dimora tra i poveri, forse per una forma di solidarietà nei confronti di coloro che avevano avuto una vita disgraziata come la sua. Da fanciullo, infatti, nel salone della casa natale, Henri cadde sul parquet mal incerato e si ruppe il femore sinistro; l’anno successivo, durante un soggiorno a Barèges, mentre aveva ancora l’apparecchio ortopedico alla gamba sinistra, cadendo in un fossato si ruppe l’altra gamba. Essendo affetto da picnodisostosi, le fratture non guarirono mai e le sue gambe smisero di crescere, così che da adulto, sviluppò un busto normale, ma le gambe rimasero quelle di un bambino.

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Henri de Toulouse-Lautrec, Al circo Fernando: cavallerizza, 1887-1888
Henri de Toulouse-Lautrec, Al circo Fernando: cavallerizza, 1887-1888

Condannato alla deformità per tutta la vita, si mosse tra i vicoli di Montmatre con la verve di un dandy, indossando abiti eleganti e raffinati, ma provando l’ebrezza della trasgressione. Tra una festa notturna e l’altra, dipingeva e realizzava manifesti pubblicitari, distinguendosi per uno stile aperto a diverse suggestioni e fortemente influenzato dall’arte giapponese. Le sue opere si caratterizzano per le linee curve e per una forte predilezione nei confronti delle raffigurazioni caricaturali e semplificate. I personaggi effigiati condividono i suoi stessi sentimenti: solitudine, amarezza, indigenza, dolore, mascherati da colori vividi e brillanti.

Henri de Toulouse-Lautrec, Divan Japonais, 1893
Henri de Toulouse-Lautrec, Divan Japonais, 1893

Così disse Félix Fénéon dell’opera di Lautrec:

” …questo Toulouse Lautrec è proprio uno svergognato; egli rifiuta ogni genere di abbellimento sia nel disegno che nei colori. Bianco, nero, rosso a grandi macchie e forme semplici, è questo il suo stile. Non ce n’è un altro che come lui sia capace di riprodurre in modo così perfetto i volti dei capitalisti rimbecilliti, che si siedono ai tavoli in compagnia di puttanelle che li accarezzano per eccitarli”.

Dopo una burrascosa relazione con la pittrice Suzanne Valadon, Lautrec visse gli ultimi anni della sua vita alcolizzato e malato di sifilide. Durante le crisi etiliche sperperava il denaro ed imbrattava di vaselina i quadri. A nulla valsero il ricovero in clinica e il soggiorno a Bordeaux. Riportato a Malromé nella tenuta familiare, morì il 9 settembre 1901, pochi mesi prima del suo trentasettesimo compleanno.

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Scrive Baragnon nel 1901“Poichè era piccolo, brutto, paradossale, singolare in tutto, i parigini, sempre pronti a giudicare gli uomini solo dall’apparenza, si sono fatti di Toulouse-Lautrec un’idea sommaria, uno schema.

Era prigioniero d’una formula. Le parole gnomo, nano, bohème di Montmartre, sono andate a finire da sole sotto la penna dei necrologisti, e hanno espresso solo un lato di questa natura misconosciuta, rimasta, nonostante le molte disgrazie, nobile di cuore come lo era per nascita”.

 

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