Gustave Moreau: il pittore delle Salomè

di Selenia De Michele

“Salomè era la figlia di Erodiade. Danzò di fronte agli invitati durante i festeggiamenti del compleanno del suo patrigno Erode Antipa. Dopo essersi assicurata la realizzazione di un desiderio, richiese, per volontà di sua madre, la testa di Giovanni Battista su un piatto”.

Già in vita Moreau (1826 – 1898) divenne noto come il “pittore delle Salomè” in virtù della frequenza con la quale aveva affrontato il tema della principessa biblica. In effetti, in una sorta di coazione a ripetere, Moreau continua a ritrarre le forme ammalianti della danzatrice in dipinti, acquerelli e disegni nei quali la figura incantatrice solleva il braccio sinistro e inizia a muovere i primi passi di una danza fatale. Il personaggio di Salomè, la sua forte carica simbolica, le atmosfere misteriose e le ambientazioni esotiche dei dipinti saranno destinate ad influenzare profondamente l’arte decadente orientando il gusto di un’intera generazione.

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Il tema non era certamente estraneo alle opere che venivano presentate al Salon in quanto già nel 1870 Henri Regnault e Puvis de Chavannes avevano proposto due versioni diverse: il primo una Salomè seduta con il vassoio sulle ginocchia in attesa di ricevere la testa del Battista; il secondo la decollazione del santo mentre Salomè attende in piedi con il vassoio in mano.

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La comparsa del tema in Moreau corrispose ad un momento preciso della sua vita in cui si sottopose a trattamenti terapeutici nella stazione termale di Neris-le-Bains, specializzata nella cura di malattie nervose. Il dipinto che fu venduto a Brame nel 1872 era un’opera di piccolo formato raffigurante una Salomè in prigione. La ragazza è raffigurata con una rosa in mano mentre attende l’esecuzione del Battista che è raffigurato a sinistra sul fondo insieme al carnefice. Negli anni a seguire Moreau gira attorno al soggetto modificando l’angolazione da cui è vista la scena e presentando i diversi momenti del suo svolgimento: prima, durante e dopo la decapitazione del profeta. Nell’episodio iniziale della storia , quello della danza di Salomè, il re Erode è rappresentato ora al centro del trono, ora di alto, a volte è completamente assente mentre la danzatrice arriva frontalmente nella sala del festino. L’artista ci offre allora lo spettacolo stesso che sedurrà Erode e farà ottenere alla fanciulla ciò che chiede.

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Quando invece Salomè è raffigurata di profilo, sulla sinistra della composizione, ed Erode è nascosto nell’ombra, Moreau lo rappresenta con i caratteri di un sovrano debole che molto ricorda Napoleone III, l’uomo responsabile della disfatta francese nella guerra franco-prussiana: è anzi possibile interpretare queste infinite variazioni sul tema come una rappresentazione simbolica degli avvenimenti appena trascorsi e della decadenza che l’artista vede nei tempi presenti. D’altra parte Moreau era convinto che il poeta, o il profeta, fosse il personaggio chiave dell’umanità e quindi, nelle differenti versioni dell’Apparizione, la testa decapitata del precursore brilla di un’aureola di gloria che sta a dire che il suo pensiero e la sua parola sono destinati a vivere oltre la sua morte.

gustavemoreaulapparizionesalomeelatestadigiovannibattistaL’Apparizione è sicuramente l’opera più nota tra le tante raffigurazioni del tema. Realizzato ad acquerello è un’opera enigmatica già per quanto riguarda l’identificazione del momento raffigurato: siamo di fronte al finale della danza di Salomè? O forse è una visione a posteriori della decapitazione? Nel primo caso la testa non sarebbe altro che l’immagine stessa della crudele richiesta avanzata dalla giovane. Nel secondo caso l’immagine potrebbe essere una visione provocata dal rimorso. Alcuni critici vedono nella realizzazione dell’opera la diretta conseguenza del consumo di oppio da parte dell’artista, accusa infamante ed infondata che perseguitò l’artista per lungo tempo. Ciò che è certo è che per realizzare questa composizione l’artista s’ispirò alle fonti più disparate. La testa di San Giovanni Battista cinta con un’aureola ricorda una stampa giapponese che l’artista aveva avuto modo di vedere a Parigi nel 1869. Inoltre la testa ricorda quella di Medusa tenuta in mano da Perseo nella meravigliosa statua realizzata da Benvenuto Cellini. Gli arredi del palazzo di Erode sono ispirati alla celebre Alhambra di Granada. Partendo da elementi diversi tra loro Moreau crea un Oriente ideale, sontuoso,  facendo ricorso anche a complessi mezzi tecnici come lumeggiature, raschiature ed incisioni. Dell’opera esistono diverse versioni che si differenziano per particolari riguardanti la decorazione del palazzo, la figura di Salomè che appare ora quasi interamente nuda, ora ricoperta da gioielli, e la stesura cromatica, ora più definita, ora più confusa. Ciò che invece pervade in egual misura le versioni dell’opera è la potenza che si percepisce dalla testa fluttuante del Battista e la forte presenza della stessa Salomè la cui testa inclinata pare quasi respingere l’apparizione che le compare di fronte.

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La ragazza è raffigurata nell’atto di puntare con il braccio sinistro il santo quasi ad esorcizzarne l’apparizione; il braccio destro è contratto, la mano stretta a pugno, stringe un fiore di loto. L’opera è un dialogo tra i due personaggi: tutti gli altri figuri rappresentati sembrano assenti, inconsapevoli di un’apparizione che riguarda solo loro due. L’opera si fa portavoce di uno stato d’animo, di un mondo interiore.

La testa del santo è simbolo materiale del senso di colpa che ossessiona la fanciulla e che il suo inconscio le proietta come forma esteriore. Salomè d’altra parte diventa simbolo del binomio eros-thanatos, seduzione ed autodistruzione, la femme fatale che incarna nella propria bellezza femminile il male, la morte e la perversione.

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