Giotto ad Assisi: le storie di San Francesco

Di Laura Corchia

La grande opera pittorica generalmente attribuita a Giotto è il ciclo con le Storie di San Francesco della chiesa superiore di San Francesco ad Assisi, sul quale, peraltro, la critica è tutt’altro che concorde, riguardo non solo alla dimensione della partecipazione del maestro all’impresa ma anche alla sua effettiva presenza nel contesto dell’opera.

Il grande racconto per immagini della vita del Santo si snoda, con ventotto scene, lungo il registro inferiore della navata. Con ogni probabilità, fu eseguito a partire dal 1296, data in cui, secondo Vasari, era generale dell’Ordine francescano fra’ Giovanni Mincio di Morrovalle, committente dell’opera.

La chiesa superiore di Assisi presenta un’unica navata con quattro campate coperte da volte a crociera archiacute poggianti su pilastri a fascio. Ad di sotto delle finestre, è collocato un alto basamento che crea alla sua sommità un corridoio praticabile, il cosiddetto “passage remois”.

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Le pareti accolgono tre scene per campata, ad eccezione della prima, dove se ne trovano quattro. Le singole scene sono però unificate da un’incorniciatura architettonica dipinta , costituita da colonnine tortili con una decorazione che richiama lo stile cosmatesco. Gli affreschi vanno letti a tre a tre, ma le singole scene elaborano al loro interno una concezione dello spazio autonoma che si va via via perfezionando, sino ad arrivare alla scena che raffigura il Presepe di Greccio con il virtuosismo della croce raffigurata da un ardito scorcio. Questa, trattenuta da una cordicella, sembra sospesa in equilibrio precario sul tramezzo che separa le due zone della chiesa. Edifici, arredi liturgici, spazi urbani sono costruiti con particolare definizione e con una grandissima attenzione alla verosimiglianza. Più di una volta è stata infatti sottolineata la somiglianza tra il ciborio che compare nella scena del Presepe di Greccio con i cibori eseguiti da Arnolfo di Cambio nelle basiliche romane.

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Appare evidente che il ciclo francescano fu pensato e realizzato per interagire direttamente con l’architettura reale. Per esempio, all’estremità di ogni campata le colonnine dipinte “poggiano” ai pilastri. Questa nuova concezione dello spazio dipinto deriva in realtà dai modelli pittorici del mondo classico, che in questa direzione aveva elaborato complessi e sofisticati sistemi prospettici per superare la bidimensionalità della parete e per creare immagini che suggeriscono la tridimensionalità del reale.

Nella scena che raffigura “Il dono del mantello”, San Francesco è assoluto protagonista della scena e la sua testa è posta proprio all’incrocio di due gruppi montuosi. L’iconografia è ispirata dalla Leggenda maggiore di Bonaventura da Bagnoreggio, che racconta: “Il beato Francesco s’incontrò con un cavaliere generoso ma povero e malvestito; avendo avuto rispettosa compassione della povertà di costui, subito, spogliandosi delle proprie vesti, lo rivestì”. Volti e gesti rispecchiano un nuovo linguaggio naturalistico, con gustose notazioni di costume. Tutto è descritto con cura: animali, berretti, drappi, abiti e fisionomie.

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“Il dono del mantello”, Giotto, 1295-1299, San Francesco d'Assisi, Basilica Superiore

Il riquadro che ritrae san Francesco mentre prega dinanzi al crocifisso di San Damiano è occupato quasi interamente da un’architettura, in cui si svolge la scena. Il Crocifisso raffigurato, con i dolenti a figura intera posti accanto alla figura di Cristo, è ancora visibile nella chiesa di  Santa Chiara ad Assisi. Rappresentando con precisione quella croce, il pittore sottolinea la verità storica dell’avvenimento. L’architettura di sbieco anticiperebbe soluzioni padovane.

Racconta la Laggenda Maggiore di Bonaventura da Bagnoreggio: “Francesco restituì al padre ogni cosa e deposte tutte le vesti rinunziò ai beni paterni e transitori”. Nella scena della Rinuncia ai beni paterni è raffigurato il momento in cui Francesco, toltesi le vesti e ricoperto alla meglio dal vescovo, invoca l’Eterno, forse in origine dipinto nella parte centrale in alto, dove appare solo una mano. Di fronte a lui l’irato Pietro di Bernardone è trattenuto per un braccio da un personaggio del suo seguito. Due bambini hanno le vesti rialzate, nelle quali nascondono forse i sassi da lanciare contro Francesco, ritenuto pazzo dai concittadini. La scena è divisa in due parti dalle architetture che creano spazi  e giocano con la luce. I colori hanno dei significati simbolici: per esempio,il padre di Francesco indossa un abito giallo, rimando ai beni mondani.

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L’Approvazione della regola è una delle scene più complesse dal punto di vista dello spazio. Si svolge in una sala con il tetto che appoggia su arcate sostenute da mensoline, organizzate prospetticamente e sottolineate da un fascio di luce. Una preziosa tenda ricopre le pareti della stanza che accoglie le figure, tutte colte in espressioni intense e partecipi. I panni ruvidi, che rivestono i frati, contrastano con quelli raffinati del papa, avvolto in una elegante stola.

In spazi aperti è invece ambientata la bellissima scena che narra la predica agli uccelli, così descritta nella Leggenda maggiore: “Il beato Francesco andando in Bevagna predicò agli uccelli i quali, quasi esprimendosi con gesti, protendevano le ali, aprivano il becco, toccavano la sua tunica; tutto questo lo videro i compagni che aspettavano sul ciglio della strada”. La natura semplice è sottolineata dagli alberi in fiore di una limpida primavera.

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