Giorgio Morandi, il silenzioso pittore delle quotidiane cose

di Laura Corchia

“Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde
Di questa poesia
mi resta
quel nulla
d’inesauribile segreto
(Giuseppe Ungaretti, Il porto sepolto, 1916)

Giorgio Morandi un poeta lo era davvero. Un silenzioso cantore delle quotidiane cose, un instancabile indagatore della realtà. Schivo e riservato, è una figura lontana dallo stereotipo dell’artista bohémien. La sua vita e i suoi affetti erano tutti concentrati tra le mura della casa di Via Fondazza a Bologna che divideva con le sorelle.

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La sua esistenza era votata completamente all’arte, ad una pittura fatta di piccoli oggetti disposti su un tavolo e variamente combinati: brocche, bottiglie, vasi e recipienti furono i suoi compagni, i suoi modelli, le sue ossessioni.

Nato il 20 luglio 1890, fin da ragazzo dimostrò di avere un forte interesse per l’arte figurativa. Si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Bologna e, nonostante la prematura morte del padre, riuscì a portare avanti gli studi e le responsabilità che derivano dal suo precoce ruolo di capofamiglia.

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Nel suo apparente isolamento, però, Morandi coltivò rapporti di amicizia con critici, direttori di mostre e musei, assistette a tre serate futuriste, visitò le prime Biennali di Venezia ed entrò in contatto con i letterati della rivista La Ronda.

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Ma il suo fu un percorso individuale: le sue nature morte si distinsero per il rigore con cui venivano rappresentate. Bottiglie e recipienti resi con pochi colori piatti e molto tenui.

I suoi quadri furono sempre di piccole dimensioni e, dietro l’apparente semplicità della rappresentazione, nascondeva un concetto molto più profondo: voleva rappresentare le cose così come tendono a strutturarsi sulla retina in termini geometrici, depurandoli da ogni orpello decorativo. Ogni oggetto era studiato in rapporto allo sfondo e ogni minimo spostamento cromatico e spaziale era attentamente registrato. I suoi oggetti semplici e banali assumono una solennità pacata e austera, veri protagonisti di un mondo metafisico.

G.-Morandi-“Natura-morta”

La pittura dei primi anni fu piattissima. Poi la pennellata si fece sempre più gestuale, con colori che egli stesso creava. Negli anni Trenta, la pasta cromatica si fece densa, successivamente divenne talmente liquida da far intravedere la tela sottostante.

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Morandi dipinse anche paesaggi ripresi dalla finestra della sua casa-studio. L’uomo nelle sue opere non appare mai, resta di fronte alla tela.

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La silenziosa rivoluzione di Morandi fu quella di fermare il tempo, di cristallizzare gli oggetti donando loro un’aura mistica. Herber List lo fotografò nel 1953: occhiali sulla fronte, sguardo malinconico e concentrato sui suoi oggetti. Uomo, artista, poeta, Giorgio Morandi, lasciando questo mondo il 18 giugno 1964, ha portato con sé il segreto e la poesia delle quotidiane cose, quelle quotidiane cose scrutate per una vita intera con occhi appassionati.

“Di nuovo al mondo non c’è nulla o pochissimo, l’importante è la posizione diversa o nuova in cui un artista si trova  a considerare ed a vedere le cose della cosiddetta natura e le opere che lo hanno preceduto e interessato”

Giorgio Morandi (1926)

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