François Boucher: l’impenitente licenzioso

di Laura Corchia

François Boucher nacque a Parigi nel 1703. Iniziò la sua carriera artistica come incisore ad acquaforte. Professore all’accademia parigina nel 1737, fu uno dei principali pittori Rococò francesi.

Grandissimo disegnatore e fine ritrattista, fu il pittore prediletto di madame de Pompadour, per la quale eseguì molti dipinti e ideò oggetti in biscuit eseguiti dalle industrie manifatturiere delle porcellane di Sèvres. La sua opera si caratterizza per una viva immaginazione e per l’ammirazione della pittura italiana di intonazione chiara. Con il suo tratto fluido e i colori solari, l’artista ha impresso nelle sue opere un felice decorativismo. I personaggi, dagli incarnati eburnei e rosa, assumono atteggiamenti squisiti e si dispongono in scenari resi con accuratezza e ricchezza di dettagli. Ma il tema preferito di Boucher resta il nudo, spesso rappresentato nelle scene mitologiche. Nudi giovani, ridenti e briosi, dalla sensuale carnalità. Le figure, morbidamente scontornate dal pennello, spesso sono rappresentate distese e semisvestite in squisiti interni borghesi.

François Boucher, Venere consola Amore, 1751
François Boucher, Venere consola Amore, 1751

Le sue raffigurazioni evocano atmosfere di raffinata sensualità, sia quando l’artista dipinge gli amori degli dei, sia allorché raffigura privati boudoir dove, tra un disordine tutto femminile, le donne sono intente alla toilette. In queste figure si coglie un insinuante e licenzioso erotismo, frutto dell’amore che l’artista nutriva per il corpo femminile. Tra le sue modelle preferite ci fu la moglie Jeanne-Marie, la quale posò per opere come Odalisca Bruna. Il dipinto, di ambientazione esotica, raffigura una donna che giace su un sofà, coricata sul ventre. L’idea che il pittore avesse potuto rappresentare così la moglie scioccò i contemporanei e il filosofo Diederot criticò questa raffigurazione di una donna nuda, distesa con le gambe divaricate, che offriva allo spettatore “il volto più voluttuoso, la schiena e i glutei più belli”. 

François Boucher, Odalisca bruna, 1745
François Boucher, Odalisca bruna, 1745

Con la morte di madame de Pompadour, la fama di Boucher subì un tracollo. Ormai anziano e colpito da una progressiva cecità, l’artista morì nel 1770 tra l’indifferenza generale.

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“Boucher, primo pittore del re e uno dei più celebri artisti della nostra Accademia di Pittura, è morto gli ultimi giorni di maggio all’età di sessantasei anni. “Aveva già da tempo l’aria di uno spettro e tutte le infermità inevitabili di una vita consumata nel lavoro e nella dissolutezza dei piaceri. Aveva una fecondità prodigiosa: perciò la sua produzione è sterminata; gli studi degli amatori sono tappezzati di suoi quadri e le loro cartelle dei suoi disegni. Lo chiamavano il pittore delle grazie, ma le sue grazie erano manierate; era un maestro molto pericoloso per i giovani: erano sedotti dal piccante e dal voluttuoso dei suoi quadri e, volendolo imitare, diventavano detestabili e falsi. Molti allievi dell’Accademia si sono perduti per aver ceduto a questa seduzione. Si poteva chiamare Boucher il Fontanelle della pittura; aveva il suo lusso, la sua ricercatezza, la sua preziosità, le sue grazie fittizie […]. Si potrebbe fare un parallelo interessante fra questi due uomini celebri: entrambi modelli pericolosi, hanno fuorviato i loro imitatori. L’uno avrebbe perduto il gusto in Francia se subito dopo di lui non fosse comparso un uomo [Voltaire] che, unendo la più grande gradevolezza alla semplicità e alla forza dello stile, ci ha definitivamente disgustati del falso bello spirito; l’altro ha probabilmente perduto senza scampo la scuola francese, perché non c’è stato all’Accademia di Pittura un Voltaire per preservare gli allievi dal contagio” (Lettera di Natoire al Marchese di Marigny, Roma, 27 giugno 1770).

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