Escrementi, gusci d’uovo e cerume: gli ingredienti segreti degli artisti antichi

Di Laura Corchia

Escrementi, gusci d’uovo e cerume. E poi ancora urina, erba morella e ossa animali. I metodi per produrre i colori in antichità erano ben diversi da quelli attuali. Dobbiamo immaginare la bottega degli artisti come un luogo magico e alchemico. Gli artisti producevano da sé tutti i materiali per la pittura. Grossi pentoloni carichi di cartilagini animali erano lasciati sul fuoco per ore, al fine di ottenere la colla. A tal proposito, tornano utili le parole di Cennino Cennini: “E ell’è una cholla che ssi chiama cholla di spicchi, la quale si fa di mozzature di musetti di charavella [capra], peducci, nervi e molte mozzature di pelli. Questa tal cholla si fa di marzo o di giennaio, quando sono quelli grandi freddi o venti; e farsi bollire tanto con acqua chiara, che torna men che per mezzo. Poi la metti, ben colata, in cierti vasipiani come chome chonche da gialatina o bacini. Lasciala stare una notte; poi la mattina, con choltello, la taglia a ffette come di pane. Mettila in su stuore a secchare a’ venti, senza sole”.

La produzione dei colori, fino all’avvento della chimica, avveniva attraverso la fusione di sostanze animali, vegetali e minerali, debitamente pestate o lasciate a bollire “il tempo di un padrenostro”.

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Molte ricette erano frutto di segreti di bottega, tramandati da maestro ad allievo. Si sperimentava molto e ogni pittore aveva i suoi ingredienti prediletti. Oggi alcune sostanze sono difficili da reperire, soppiantate da sostanze chimiche.

La pittrice Marcia nella sua bottega (1404)
La pittrice Marcia nella sua bottega (1404)

Un manuale dedicato alla produzione dei colori fu scritto da Olindo Guerrini e Corrado Ricci alla fine dell’Ottocento (Il libro dei colori. Segreti del secolo XV), sulla scorta di un codice del XV secolo conservato nella Biblioteca dell’Università di Bologna. Le ricette contenute nel volume costituiscono un interessante documento della maestria e della fatica degli antichi “depintori”.

Per ottenere un azzurro intenso il codice suggerisce di procurarsi un bicchiere di urina e delle piastre di rame: “prendi dell’orina e mettila in un vaso di terracotta in modo che sia pieno per metà. Poi prendi delle piastre di rame dello spessore di un caldaio grosso e mettile sospese due dita sopra l’orina. Chiudi il vaso e lascia stare per due mesi”. Vedrai sopra le lamine l’azzurro”. Una valida alternativa all’urina era costituita dal “succo di erbe”, ottenuto da “quei fiori viola che nascono nei campi”. Questo liquido andava riposto in un’ampolla di vetro, versandoci sopra dell’aceto fino all’orlo. Dopo di che il contenitore andava chiuso ermeticamente e posto sotto il letame. Trascorsi quindici giorni si poteva apprezzare l’azzurro. Il ricettario contiene anche un’altra ricetta a base di sterco di cane bianco, triturato e stemperato con urina. Questo composto veniva utilizzato per scrivere o per dipingere e, una volta terminato il lavoro, andava spennellato con il succo di bacche d’edera.

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Il verde poteva essere ottenuto attraverso diversi procedimenti: piastre di rame poste per quindici giorni nel letame, fiori di vedovina tenuti in ammollo a caldo con ammoniaca e allume, acqua gommata e allume di rocca stemperati con fiori di guado, succo di erba morella, di gigli azzurrini o di bacche di spincervino.

Il vermiglio si otteneva attraverso una libbra di verzino raschiato messo a bollire e una libbra di allume di rocca bollita. Il tutto andava mescolato con liscivia forte. Cennino Cennini per ottenere il rosso consigliava di aggiungere all’inchiostro, oltre all’albume, il cerume, definito “saccatura de orecchie”.

Per avere un bianco bellissimo “si mescolino cocciole [gusci] di uova e vetro ben frantumato, mettendo il composto in un vaso di terra che andrà posto in una fornace per un giorno intero”. Il colore così ottenuto andava stemperato con acqua gommata.

Il giallo si otteneva prendendo dello zafferano e mettendolo a mollo con chiara d’uovo. In alternativa allo zafferano si utilizzavano pistilli di croco o di garofano turco mescolato ad allume e ammoniaca.

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I fluidi corporali occupavano un posto rilevante in molti ricettari, tra cui quello della pittrice Rosalba Carriera, che impiegava urina di bambino per ottenere quei delicati pastelli caratteristici delle sue opere.

 

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