Egon Schiele e gli internati della Salpêtrière

di Roberta Gianvincenzi

L’Austria, e Vienna in particolare, fu nucleo vitale di arte e cultura tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Numerose figure di spicco seppero riammodernare quasi ogni campo dello scibile, applicando metodi nuovi e scientifici; nei salotti letterari si incontravano scienziati, intellettuali, letterati e artisti e la collaborazione a 360 gradi che ne derivò ebbe come conseguenza una forte compenetrazione di pensieri, ideali, studi e risultati. Fin dalla seconda metà dell’Ottocento ogni campo creativo era in notevole fermento: era in atto lo slancio modernista. La base ideologica fin-de-siécle mirava al superamento del pensiero positivista, ponendo in primo piano la vita interiore dell’uomo, inteso non più collettivamente, ma come individuo a sé stante. Tale volontà di rivalsa interiore ricevette uno stimolo ineguagliabile quando Sigmund Freud iniziò a indagare la psiche umana, scoprendo il substrato inconscio di cui è costituita, formato da tutti quegli impulsi reconditi, perversi, sessuali e aggressivi, di cui l’individuo non ha coscienza diretta. E proprio da tali fondamenta nasce l’Espressionismo: la sua finalità sarà, infatti, la resa dell’”espressione”, degli stati d’animo, dell’interiorità psicofisica, rivelati nella loro immediatezza in soggetti desolanti, inquietanti, folli, rappresentati in una forma violenta e cruda.

Incontrovertibilmente figlio del suo tempo è proprio Egon Schiele: le sue opere sono pervase di personaggi, spesso autoritratti, rappresentati attraverso l’uso di linee spezzate, colori acidi, contorni marcati, in pose rigide e contorte, che dimostrano con subitanea evidenza la volontà dell’artista di esternare il proprio malessere interiore, quello più irrazionale. Oltre ad appoggiarsi alla psicanalisi di Sigmund Freud, sembra che Schiele abbia anche fatto riferimento, come spunto nella realizzazione delle sue opere, ai ritratti fotografici di pazienti isteriche ed epilettiche eseguiti dal neurologo francese Jean-Martin Charcot nella clinica ospedaliera della Salpêtrière. Queste fotografie ritraevano le pazienti durante le diverse fasi degli attacchi isterici o epilettici ed erano corredate da racconti delle loro ossessioni, di solito di natura sessuale.

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Augustine, Iconographie Photographique de la Salpêtrière

Le posizioni e le espressioni assunte

dalle pazienti furono riprese nei disegni e dipinti di Schiele, mostrando ancor più la sua profonda inquietudine esistenziale  in modo spietatamente oggettivo. Schiele ben comprese il pensiero del neurologo, il quale asserì che il sintomo è sempre ricollegabile a eventi traumatici o problemi neurologici o di natura tossica. L’attacco nevrotico dipende da una reminiscenza traumatica che si condensa nella fase delle cosiddette “pose plastiche”. Queste fanno riferimento a contorsioni incontrollate che sviluppano nell’osservatore sia un senso di fascino e attrazione incondizionata, sia un senso di repulsione.

Augustine, attitudini passionali (Crocifissione), Iconographie Photographique de la Salpêtrière

Questa stessa congerie di sensazioni è avvertita da chi osserva le opere di Schiele, il quale è riuscito a ricreare visibilmente il disagio psicosomatico degli internati della Salpêtrière. Il malessere dei personaggi realizzati dal pittore è il riflesso di quello patito dall’intera umanità e dal singolo individuo che si identifica con l’artista stesso.

Egon Schiele, Nudo femminile, 1914

L’amicizia con Erwin Osen, artista e attore, gli diede ugualmente spunti, poiché egli nei suoi numeri teatrali ripeteva scatti e movimenti degli alienati dell’ospedale psichiatrico Steinhof di Vienna, che aveva avuto modo di studiare attentamente. Tuttavia, non solo le posture totalmente forzate e distoniche  rivelano il disagio interiore e psichico dei soggetti ritratti da Schiele: nei dipinti egli utilizza anche colori acidi, o innaturali, o macchie di colori discordanti per ricrearne la carnagione. La resa delle malattie cutanee è spesso stata adoperata dagli artisti per meglio dare risalto alla malattia, al disordine, alla corruzione, al peccato o alla colpa, andando contro l’idea della bellezza non solo fisica, ma anche e soprattutto morale e psichica. È come se Schiele volesse deliberatamente esporre, tramite il suo caratteristico tratto, il patologico lato nascosto dell’uomo moderno e le affezioni più degradanti della modernità.

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