Dentro l’opera: la ‘Vocazione di San Matteo’ di Caravaggio

Di Laura Corchia

La ‘Vocazione di San Matteo’ fa parte della decorazione della cappella Contarelli, nella chiesa di San Luigi dei Francesi. L’opera fu dipinta da Caravaggio tra il 1599 e il 1600 per Mathieu Contrel, il quale aveva descritto dettagliatamente cosa voleva: ” San Matteo dentro un […] salone ad uso di gabella con diverse robe che convengono a tal officio con un banco come usano i gabellieri con libri, et denari […]. Da quel banco san Matteo, vestito secondo che parerà convenirsi a quell’arte, si levi con desiderio a venire a Nostro Signore che passando lungo la strada con i suoi discepoli lo chiama”. 

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Matteo, infatti, era un ebreo che lavorava per i romani come esattore delle tasse. Venne chiamato da Gesù, come racconta egli stesso, mentre compiva il suo lavoro. La scena dipinta da Caravaggio si svolge in un ambiente illuminato a stento, con cinque uomini seduti attorno a un tavolo, intenti a contare del denaro. Il luogo sordido e oscuro è illuminato da un fascio di luce che non proviene dalla finestra, bensì da una porta che può essere solo immaginata. Nella stanza, sulla estrema destra, sono rappresentati due personaggi che sono appena entrati. Uno di essi, riconoscibile dalla sottile aureola sopra la sua testa, compie un gesto solenne ed eloquente verso Matteo che, forse abbagliato dalla luce, sembra arretrare con un leggero moto di stupore.

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La Vocazione di San Matteo dimostra la capacità di Caravaggio non solo di raffigurare, ma anche di narrare un evento. Dal punto di vista compositivo, il dipinto si può dividere in due parti: sulla sinistra, il gruppo dei cinque uomini seduti intorno al tavolo forma un blocco orizzontale; sulla destra le figure di Cristo e di San Pietro seguono un andamento verticale. Anche i costumi accentuano la contrapposizione dei due gruppi. Da una parte, abbigliati nello stile dell’epoca di Caravaggio, Matteo e i gabellieri. Dall’altra, scalzi e avvolti in abiti antichi, Cristo e San Pietro. I due gruppi sono separati da una pausa cui fa riscontro il vuoto della raffigurazione, colmato dal gesto di Cristo. Tuttavia, i due gruppi sono legati da un sottile gioco di gesti, di sguardi, di rimandi, di domande e di risposte. Lo sguardo e il gesto della mano sinistra del Santo sono rivolti a Cristo: è un dialogo “privato”, come se intorno a loro non ci fosse nessuno. La mano destra, posata sul tavolo,  ripete meccanicamente un’azione che sembra non appartenere più al personaggio. La mente di Matteo «ch’ingorda e cieca si stava al mondo in duri lacci avvolta» (secondo i versi di Marzio Milesi) è catturata dalla luce simbolo della Grazia emanata da Cristo.

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Gli altri personaggi sulla sinistra della tela sono raffigurati nell’atto di contare i soldi. Concentrati nella loro occupazione, i gabellieri creano un nucleo a sé stante: nessuno dei due interagisce con le altre figure del quadro. Il vecchio astante con bavero e pelliccia scruta il conteggio del giovane chino sul tavolo. Il ragazzo seduto accanto a San Matteo rivolge invece lo sguardo verso Cristo, pronto ad accogliere l’offerta di salvezza. La sua berretta piumata lo mette in relazione con l’altro giovane che gli è seduto di fronte e che ci appare di spalle. Egli, con un gesto spavaldo, è quasi pronto ad alzarsi, elegante nella sua giubba dalle maniche rigate. Secondo i precetti che la Controriforma impone ai pittori di immagini sacre, Cristo e san Pietro devono essere raffigurati scalzi. L’assenza di calzature serve a sottolineare l’ideale di povertà a cui la chiesa cattolica deve conformarsi.

La Vocazione è un’opera di portata rivoluzionaria perché per la prima volta un episodio sacro viene calato nel presente. I cinque personaggi agiscono entro uno spazio che gli osservatori dell’epoca dovevano riconoscere come uno dei tanti luoghi di ritrovo, una taverna romana del 1600. L’ambientazione tratta dal “quotidiano” in modo così realistico ingannò anche un contemporaneo di Caravaggio come il pittore Joachim von Sandrart, il quale la interpretò come una semplice scena di gioco e descrisse Matteo come un giocatore d’azzardo. Caravaggio tratta dunque la narrazione storica come una “scena di genere”. A conferma di ciò, si possono analizzare i numerosi e sorprendenti particolari che parlano del tempo in cui viveva il pittore: gli abiti, i cappelli, gli oggetti disposti sul tavolo, come le monete consumate dalla cupidigia terrena. L’evento raccontato non è un’antica storia accaduta in un remoto passato, ma è un fatto che si compie ora e che potrebbe accadere a chiunque.

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La vera protagonista delle Storie di San Matteo è la luce, che estrae dal buio uomini e cose nascosti dalle tenebre. Se osserviamo il dipinto vediamo tre fonti luminose: dalla finestra filtra una luce rarefatta, che lascia appena intuire i contorni degli oggetti in ombra; una luce più forte proviene dall’alto e illumina i cinque uomini; una terza sorgente luminosa irrompe da destra e accompagna il gesto di Cristo fino al volto di Matteo. È una luce che non risponde alle leggi della fisica, ma è una manifestazione del soprannaturale.

Ma come ottiene Caravaggio questo effetto così particolare? Con l’uso di una camera oscura in cui organizza una sorta di scena teatrale facendo assumere ai modelli le pose in cui intende ritrarre i personaggi e aprendo sulla composizione solo uno spiraglio di luce. Regola infatti l’apertura della finestra in modo da ottenere un fascio radente.

La decorazione della Cappella Contarelli era stata affidata, prima di Caravaggio, ai pittori Girolamo Muziano e Cavalier d’Arpino: il primo non pose mai mano all’opera, il secondo si fermò alla decorazione della volta. Il programma iconografico, oltre alla Vocazione che abbiamo analizzato, comprende il Martirio e San Matteo e l’angelo.

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