Dentro l’opera: la “Nascita di Venere” di Sandro Botticelli

La Nascita di Venere dipinta da Sandro Botticelli è considerata un’icona dell’arte rinascimentale italiana. Contrariamente al titolo con cui è nota, l’opera raffigura invece l’approdo della dea sull’isola di Cipro.

di Laura Corchia

In una limpida giornata, la dea Venere avanza leggera sulla superficie del mare, increspata appena da un lieve vento. Posata sulla valva di una conchiglia, con la sua posa da splendida statua antica, cerca di coprire la sua nudità servendosi dei lunghi capelli dai riverberi dorati. Rivolge allo spettatore uno sguardo timido e sensuale, cercando di stabilire un dialogo muto. Ma ecco giungere sulla destra una delle Ore, anch’ella bellissima. Il suo abito punteggiato da piccoli fiori viola ne accompagna il movimento mentre solleva le braccia per porgere alla dea un manto con il quale coprirsi. A sinistra, Zefiro e Aura soffiano per sospingere Venere all’approdo. L’isola di Cipro, le cui coste scorgiamo appena sulla destra dell’opera, è pronta ad accoglierla. Delicati fiori rosa recisi danzano nell’aria e, sul lato destro, ombrosi alberi d’arancio contribuiscono ad inserire la vicenda nel contesto naturalistico.

Sandro Botticelli, Nascita di Venere, 1485–1486, Firenze, Galleria degli Uffizi

Sandro Botticelli dipinse la Nascita di Venere nel 1484 circa, servendosi di fonti colte letterarie. Fu probabilmente la committenza, legata alla casata dei Medici, a suggerire all’artista l’iconografia. Fu Giorgio Vasari, che vide per la prima volta l’opera nella villa medicea di Castello, a darci per primo notizie sull’opera.

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Per raccontare la Nascita di Venere, Botticelli si servì di due tele di lino soprapposte, sulle quali diede poi una leggera imprimitura a base di gesso tinto con un po’ di blu. La straordinaria luminosità si deve all’impiego di tempera magra e al virtuosismo delle lumeggiature in oro, date a “pennello” e a “missione” che si possono ammirare nei capelli delle figure, sulle foglie e sui tronchi. La linea netta che definisce i contorni delinea anatomie innaturali ma dotate di grazia e di armonia: il collo troppo lungo, le spalle spioventi, gli arti allungati).  I corpi, tuttavia, sono dotati di una forte plasticità e si contrappongono alla quasi assenza di profondità del paesaggio. La composizione bilanciata e simmetrica pone la dea al centro di un triangolo ai cui vertici troviamo le altre figure protagoniste della scena. Gli sguardi, soprattutto quello di Venere, denunciano una malinconia leggera che tornerà poi nelle altre opere del grande pittore.

Sandro Botticelli nella Nascita di Venere ha espresso pienamente la sua idea di una bellezza ideale. L’intera opera celebra la dea come simbolo di amore e di bellezza ed è un’allegoria ispirata alla cultura neoplatonica di cui l’artista era seguace. L’amore è visto come energia vivificatrice, forza motrice della natura. La nudità della protagonista può essere invece letta in chiave cristiana, come purezza d’animo e bellezza spirituale.

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