Dentro l’opera: “La Danza” e “La Musica” di Henri Matisse

Di Laura Corchia

«Tre colori per un vasto pannello di danza: l’azzurro del cielo, il rosa dei corpi, il verde della collina.»

(Intervista su Nouvelles del 12 aprile 1909 relativa al dipinto)

Nel suo atelier parigino, Matisse riceve nel 1901 le visite del collezionista russo Sergej Ščukin, che gli commissiona due pannelli per la sua residenza di Mosca. In una lettera all’artista, egli disse:  «Nella mia casa si tengono spesso concerti. Ogni inverno ci sono circa dieci concerti (Bach, Beethoven, Mozart), quindi il pannello della musica dovrebbe suggerire un po’ l’atmosfera di casa». Si tratta delle prime opere decorative di Matisse di grandi dimensioni.

Henri Matisse, La Danza, 1909, olio su tela, Museum of Modern Art, New York
Henri Matisse, La Danza, 1909, olio su tela, Museum of Modern Art, New York


La Danza prende spunto dalle sei danzatrici che si vedono sullo sfondo della Joie de vivre della Barnes Foundation. Il pittore elimina una figura dal gruppo, adotta un formato rettangolare e realizza una immagine piatta, dal sapore quasi tribale. La gamma cromatica, ridotta a tre soli colori (rosso, verde e blu) è caratterizzata da un campiture accese, stese con leggerissime sfumature. Le figure sono delineate da forti linee che separano un colore dall’altro.
Nel suo atelier parigino, Matisse riceve spesso le visite di un importante collezionista russo Sergej Ščukin che, il 31 marzo del 1909, gli commissiona due pannelli pannelli per la sua residenza di Mosca, raffiguranti una allegoria della danza e della musica.

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Henri Matisse, la Musica, 1910, Museo dell'Ermitage, San Pietroburgo
Henri Matisse, la Musica, 1910, Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo

Gli stessi colori sono adottati nell’altro pannello, raffigurante la Musica. Cinque figure si dispongono su uni sfondo blu e verde, come note di un pentagramma. Sono una è in piedi, quella posta all’estrema sinistra. Al suono degli strumenti musicali, i tre uomini seduti a destra cantano. Non comunicano tra loro. La loro semplificazione formale le rende enigmatiche ed irreali.

Nel 1911, il pittore si reca a Mosca per curare personalmente l’installazione dei due dipinti. Si ferma due settimane, durante le quali visita la città, i suoi musei e i suoi artisti. Si sente davvero in contatto con la cultura orientale: “Ho compreso la pittura bizantina davanti alle icone di Mosca”, affermerà nel 1947. Quest’incontro gli suggerisce nuove emozioni e una nuova tavolozza, che presto sarebbe comparsa sulle sue tele.

 

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