Cesare Brandi e i restauri dell’I.C.R.

Di Laura Corchia

Tra le tante opere restaurate dall’I.C.R., ci fu l’Annunciazione di Antonello da Messina, dipinto che aveva sofferto molto e che era stato oggetto di un intervento da parte di Cavenaghi. Brandi, giudicò non sufficiente il metodo delle stuccature a tinta neutra e decide di dare alle lacune una colorazione che stacca violentemente dai colori del dipinto. Le fotografie del restauro del 1942 ci mostrano infatti un colore arancio molto intenso e luminoso, applicato per evitare le pericolose interazioni fra piani.

Per quanto concerne il trattamento delle lacune, Brandi propose una non stuccatura e quindi di lasciare a vista il legno o la tela di supporto.

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Successivamente l’I.C.R mette a punto la tecnica del rigatino: una stesura a tratteggio verticale con colori intonati a quelli della zona pittorica circostante e quindi individuabile a distanza ravvicinata.

Un altro restauro molto importante fu quello effettuato sulla Madonna col Bambino di Coppo di Marcovaldo. Un piccolo tassello venne lasciato a testimonianza di come sarebbe diventata la superficie se non fosse stata eseguita la pulitura. Questa operazione fu svolta in maniera critica, dal momento che ci si rese conto che, per realizzare il velo della Madonna, il pittore aveva steso uno strato di bianco e aveva poi passato una vernice pigmentata di giallo sulla quale aveva realizzato il motivo decorativo in minio. Brandi si rese conto che una pulitura troppo aggressiva avrebbe rischiato di rimuovere tutto ciò e che lo strato di vernice faceva parte a pieno titolo della pittura.

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Anche la Pala Pesaro di Giovanni Bellini era stata eseguita con una tecnica simile: per creare effetti di luce e ombra sugli scalini, il pittore aveva usato come base il medesimo colore e, nelle zone d’ombra, aveva passato una vernice pigmentata.

Nella flagellazione di Piero della Francesca si ricorse ad un tratteggio verticale per ricostruire alcuni dettagli. In corrispondenza del volto di Cristo, esso non svolge una funzione ricostruttiva perché l’espressività del volto non poteva essere reinventata.

Il Compianto sul Cristo morto di Beato Angelico fu restaurato dall’I.C.R negli anni Cinquanta. I restauri più antichi, considerati segno del passaggio del tempo, furono mantenuti, ma nascosti da un pannello. Le altre lacune furono integrate con un tratteggio verticale.

Sul piano della pulitura, un dipinto che stimolò in Brandi notevoli riflessioni fu la Pietà di Viterbo dipinta da Sebastiano del Piombo. Con notevole sperimentalismo, il pittore aveva unito il disegno di Michelangelo al colorismo veneto. Per ottenere gli effetti pittorici utilizzò un colore scuro di fondo ed impiegò sottili velature di colore ad olio fissate con una vernice pigmentata. Una eccessiva pulitura avrebbe causato la perdita di alcuni strati pittorici e, pertanto, si optò per una leggerissima pulitura meccanica.

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Nel caso del restauro del Polittico di Perugia dell’Angelico, si decise di rimuovere i vecchi restauri perché non avevano un significato rilevante dal punto di vista storico e il volto della Madonna fu risarcito con un tratteggio non ricostruttivo.

Altri importanti restauri eseguiti dall’I.C.R riguardarono alcune opere di Caravaggio: il Seppellimento di Santa Lucia e la Decollazione del Battista, per la quale fu messo a punto da Roberto Carità un telaio dotato di un sistema di tensionamento a molle.

Per Siena, Brandi intervenne sulla Maestà di Duccio, per la quale si progettò l’allestimento completo della sala destinata ad ospitarla e un sistema di risanamento, di sostegno e di controllo del supporto ligneo drasticamente assottigliato nel Settecento.

 

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