Victor Hugo, storia di un pittore suo malgrado

Di Laura Corchia

Un aspetto poco noto di Victor Hugo è quello del disegnatore: egli è un autodidatta e non esita a sperimentare nuove tecniche e nuovi ingredienti, dall’inchiostro al caffè, al carbone, usando anche fiammiferi e piume al posto dei pennelli. Generalmente le sue opere sono di piccola taglia e servono nella maggior parte dei casi a illustrare i suoi scritti, oppure come regali da inviare agli amici in ricorrenze speciali. Quest’arte è per lui principalmente un passatempo. A Baudelaire, che ricordava nel suo Salon del 1859 la “magnifica immaginazione dei suoi disegni”, Victor Hugo scrisse una lettera: “Sono felicissimo e molto fiero del fatto che abbiate una opinione positiva di cose che io chiamo i miei disegni a penna. Ho finito per mescolare matita, carboncino, nero seppia, nero fumo e ogni sorta di bizzarra mistura per riuscire a rendere approssimativamente ciò che ho negli occhi e soprattutto nella mente. Ciò mi diverte fra una strofa e l’altra”. 

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Come ha dimostrato Pierre Georgel nel suo studio Storia di un pittore suo malgrado, Hugo intendeva così ricordare che la sua opera grafica era secondaria rispetto a ciò che considerava fondamentale: la scrittura. Mantenne questo atteggiamento fino alla morte, tanto che preferiva mostrare i suoi “scarabocchi” solo alle persone più vicine.

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La sua considerevole produzione grafica conta tremila pezzi catalogati e fu creata soprattutto tra il 1830 e il 1876. Colpisce soprattutto per l’ampiezza e la varietà dell’ispirazione: caricature, schizzi di viaggio, paesaggi reali e immaginari, macchine d’inchiostro, intarsi. Inizialmente i suoi lavori sono nettamente realistici, salvo poi acquisire una dimensione più fantastica con l’esilio e il suo confronto “mistico” con il mare; vi compaiono fantastici castelli in balia degli elementi (lui stesso raffigura il suo destino come un’onda immensa), vedute fantastiche e romantiche dai contorni evanescenti, inquietanti notturni, maschere grottesche e figure fantastiche. In seguito le sue impressioni perdono i contorni realistici per raffigurare istanti, pensieri che si caricano di un sentito ricorso all’astrattismo o a quell’evanescenza delle forme tanto cara all’arte francese.

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A partire dal 1848, il disegno cessa di essere per Hugo un’attività secondaria e per qualche anno arriverà persino a sostituire completamente la produzione letteraria. Téophile Gautier ne esaltò il “prodigiso sentimento plastico” e i suoi disegni esercitarono una certa influenza su artisti come Van Gogh e Picasso, che addirittura ne possedeva un considerevole numero.

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La vera rivelazione del respiro e della modernità del genio grafico di Hugo sarà completa sotto l’impulso dei Surrealisti, che furono particolarmente sensibili agli aspetti più  strani, alla parte più “automatica” della sua creazione. L’importanza di Hugo disegnatore, la sua ricchezza immaginativa e la singolarità di un’arte è stata riconosciuta con precisione da un certo numero di scrittori, tra cui Paul Claudel, che parla della “specie di spaventosa contemplazione” che caratterizza le sue opere, e Gaetan Picon: “il disegno è lo spazio dell’essenziale”.

 

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