Un mondo di gemme e perle: significato ed uso tra antiche credenze e simboli moderni

di Selenia De Michele

Fin dall’antichità le pietre preziose hanno rappresentato molto di più del loro aspetto esteriore per il loro significato fortemente simbolico. In tutte le culture il nome e il significato delle gemme hanno un senso che va al di là del puro valore estetico. Si tratta di pietre spesso rare e pregiate, non certo alla portata di tutti e che anzi erano simbolo di potere e di forza. Reali e principi di ogni cultura li hanno sfoggiati per secoli e anche oggi il dono di un gioiello è qualcosa che va oltre il puro gesto.

Tra le pietre preziose le più importanti per il significato simbolico oltre che per il valore intrinseco sono il diamante, il rubino, lo smeraldo e lo zaffiro. La loro importanza è ribadita dal largo uso che se ne fece in età medievale e dal forte valore simbolico degli oggetti sui quali erano applicate, principalmente corone (celebri la corona di Teodolinda, la corona ferrea, la corona dell’impero) e coperte di evangelari.

Corona dell'impero

Il diamante era sicuramente la pietra più ambita e il suo significato si può far risalire dall’origine stessa del suo nome, dal greco “adamai” cioè non domabile. Trasparente, luminoso, durissimo, puro ed immutabile è considerato fin dall’antichità la pietra talismano per eccellenza, appannaggio di principi e potenti. Leggende di varie parti del mondo legano la nascita stessa del diamante agli dei, che siano le lacrime delle divinità piovute dal cielo o il segno dell’intervento divino, in grado secondo le leggende di trascinare Lucifero negli inferi.

Anche per il rubino il suo significato è legato all’etimologia del nome, dal latino “rubeus” cioè rosso. Per la sua tonalità calda era identificato come la Pietra del Sole, che dona forza, energia e vitalità: un vero amuleto visto che fin dall’antichità viene assimilato al successo in ambito commerciale e degli affari.

Leggi anche  "Ripenso il tuo sorriso": la bellissima poesia di Montale all'amico Boris Kniaseff

Lo smeraldo è la pietra verde dal greco “smaragdos”; dai tempi più remoti, gli Egizi per primi, era ritenuta la pietra della saggezza e della conoscenza segreta in grado di rivelare il futuro e di proteggere da incantesimi e sortilegi.

Infine lo zaffiro, dal greco “sappheiros”, cioè azzurro, è stato per lungo tempo associato alla pace e alla felicità ed è associato al mondo dell’introspezione, dell’intuizione e dello spirituale. In questo senso si legge anche il significato che la religione cattolica ha dato fin dalle origini allo zaffiro in quanto legato al colore del mantello della Madonna. Stessa importanza religiosa anche per il buddismo che lo indica come la pietra della preghiera e dell’elevazione dello spirito.

Per questo valore si ritiene che lo zaffiro sia un talismano in grado di respingere le disgrazie tanto che Carlo Magno lo scelse per il suo ciondolo d’oro contenente un pezzo della vera Croce di Cristo: oggi il prezioso gioiello è conservato nella cattedrale di Reims, in Francia.

Talismano di Carlo Magno

Le gemme sono minerali contraddistinti da trasparenza, durezza e capacità di rifrazione; si presentano in natura come cristalli e tramite il taglio si possono ottenere le forme più adatte ad esaltarne le virtù naturali. Con il termine gemme si fa riferimento anche a rocce e a sostanze organiche quali ad esempio il corallo, l’ambra e le perle, di largo impiego nell’oreficeria medievale. In antico si mirava a non far perdere peso alle gemme, limitandosi quindi a pulirle e a limarne le facce; dal Duecento invece con la scoperta del taglio e della sfaccettatura si è preferito al peso l’esaltazione della rifrazione e del colore. Nel Medioevo le pietre erano distinte solo per colore non avendo conoscenza delle differenze qualitative. Così erano definite “rubini” tutte le pietre di colore rosso, in particolare i granati che uniti all’oro ebbero larga diffusione nell’oreficeria barbarica dal III al IV secolo d.C. Tutti i cosidetti rubini erano largamente impiegati soprattutto sui reliquiari come allusione al sangue di Cristo e al suo sacrificio e come simbolo di carità. Analogamente tutte le pietre di colore giallo erano considerate topazi. Probabilmente gli antichi non conoscevano lo zaffiro, identificando invece con questo nome il lapislazzulo. Molto apprezzato era invece lo smeraldo ed ammiratissimo per la sua durezza era il diamante che tuttavia gli incisori non seppero lavorare fino al XV secolo. La pietra più diffusa in tutte le epoche era il quarzo, in particolare il cristallo di rocca, ricercatissimo in età ellenistica e romana, nel Medioevo e per tutto il Cinquecento. Di larghissimo impiego furono invece il corallo e le perle soprattutto per il significato simbolico loro attribuito. Il primo, simbolo del sangue di Cristo, svolgeva spesso una funzione di protezione (famosissime le immagini di Madonne con Bambino dove quest’ultimo porta al collo una collana di corallo). Le perle, credute gemme del mare, furono sempre considerate simbolo di purezza e verginità e per questo attributo delle spose e della Vergine nonchè di re e principi.

Leggi anche  “Io ti amo”: la romantica e pungente poesia di Stefano Benni

La chiave di comprensione di queste e molte altre simbologie si trova in una serie di testi antichi che vanno da Aristotele alla Naturalis Historia di Plinio il Vecchio. Gli autori cristiani cercarono di liberare le pietre dal loro significato superstizioso sostituendolo con una valenza simbolica. Dal Mille in poi queste teorie trovarono una volgarizzazione nei lapidari. In base alle simbologie l’uso delle pietre preziose nell’oreficeria non fu connesso solo con esigenze decorative ed ornamentali ma anche con un significato di tipo magico-religioso: la gemma proteggeva chi la indossava oppure comunicava le sue virtù all’oggetto che custodiva o che glorificava con il suo splendore. Persino la montatura delle gemme acquistava un significato simbolico. L’intaglio della gemma non faceva che accrescerne il valore riportando sulla sua superficie simboli sacri o profani che ne potenziavano gli influssi. Nel Medioevo il fascino promanato dalle antiche gemme lavorate si concretizzò nel reimpiego su reliquiari, croci, legature ed ornamenti sottraendole alla loro primigenia funzione. Questa pratica nacque sia dalla larga disponibilità di materiale di origine classica in buone condizioni sia dall’impossibilità ed incapacità di realizzare nuovi oggetti di fattura analoga con altrettanta perizia. Risulta evidente il valore simbolico di questa operazione: un cammeo di età romana montato su un oggetto medievale è una chiara testimonianza del desiderio di stabilire una continuità culturale con il periodo precedente e allo stesso tempo attesta la volontà di appropriazione delle vestigia artistiche di un periodo di cui si avverte fortemente la grandezza.

Leggi anche  I disegni di Gustav Klimt. Qui il suggestivo video

Venendo alle questioni tecniche i momenti centrali della lavorazione delle gemme consistono del taglio e dell’incisione. Il taglio più diffuso è quello a cabochon in cui si fa assumere una forma convessa alle pietre. Negli oggetti medievali le gemme e le perle anche se disposte simmetricamente, raramente sono corrispondenti l’una all’altra. Inoltre le gemme erano usate così come erano disponibili. In genere la gemma era applicata tramite un castone cioè una guida di alveolo all’interno del quale era inserita la gemma. In genere era costituito da una bordatura d’oro saldato sul fondo della lastra dorata all’interno della quale era inserita la gemma. La fascetta veniva poi ribattuta in modo da chiudere la gemma al suo interno.

 

RIPRODUZIONE RISERVATA