Simone Martini: l’interpretazione lirica della realtà

di Laura Corchia

Interprete raffinato e sensibile della pittura senese del XIV secolo, Simone Martini nacque nel 1284 ca.

Della sua vita abbiamo notizie assai scarse. Sappiamo che nel 1317 fu a Napoli, chiamato dal re Roberto d’Angiò. Fu attivo anche a Pisa, Orvieto e Assisi.

La sua formazione avvenne attraverso le opere di Duccio di Buoninsegna, del quale, secondo la tradizione, sarebbe stato allievo.

Scrive Adolfo Venturi: “Vi è in tutte queste sue figure una solennità ben diversa da quella di Giotto. Uscito dalla scuola di Duccio di Boninsegna, Simone non serbò traccia delle convenzioni del maestro, ma solo della grandezza sacerdotale e del sacro decoro. Egli prodigò ai Santi tutto il fasto della vita terrena; Giotto nel carattere e nell’imperio della volontà, nell’energia del gesto, trovò la grandezza morale. Il primo trasse i suoi tipi dalla nobiltà, dalla regalità; il secondo dalla sincerità popolare. Quegli [Simone Martini], memore della ricchezza bizantina rispecchiata da Duccio, dette alle sue immagini lucenti, come smaltate, colle vesti tessute come di filigrana, ogni gentilezza d’orafo senese, ogni tributo di adoratore; Giotto offrì l’anima; perciò questi s’avvolge nella luce di Dante, quegli nel mite lume del Petrarca”.

Le sue opere risentono anche della scultura di Giovanni Pisano e innegabile è anche l’influenza di Giotto. Egli, inoltre, guardò con interesse alla pittura gotica francese, con la quale entrò in contatto durante il soggiorno avignonese.

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La Maestà, Palazzo Pubblico di Siena
La Maestà, Palazzo Pubblico di Siena

La prima opera di sicura attribuzione è la Maestà, affrescata sulle pareti del Palazzo Pubblico di Siena nel 1325. L’opera dimostra una chiara impostazione prospettica nel trono della Vergine e nel ricco baldacchino sorretto da esilissime colonne dorate. Simone, con precisione e dovizia di particolari, raffigura il momento in cui Maria riceve dei fiori da due angeli posti in primo piano. La Vergine è accompagnata da una folta schiera di santi, disposti come se stessero assistendo ad un torneo cavalleresco. Questo dimostra che l’artista, per raffigurare un tema sacro, guardò anche ai soggetti profani. Le figure sono definite con un disegno morbido e sono campite con stesure di colore larghe e omogenee. Aureole e vesti sono impreziosite da decori geometrici, mentre il fondo blu ha l’intento di calare la scena in una sorta di astrazione lirica.

Annunciazione tra i santi Ansano e Margherita
Annunciazione tra i santi Ansano e Margherita

Nel 1333 Simone dipinse la celebre Annunciazione. La grande pala d’altare è decorata con cinque archi a sesto acuto riccamente intagliati e sormontati da guglie. L’arcangelo Gabriele è inginocchiato ai piedi della Vergine e, ai lati, sono raffigurati Santa Margherita e Sant’Ansano. I corpi sono delineati da una linea curva e appaiono privi di qualsiasi consistenza materiale. Maria accoglie la notizia con un dolcissimo gesto di pudore: una mano chiude il manto, accompagnando lo spontaneo e timido ritrarsi della figura. Simone ambienta la scena in uno spazio reale, reso attraverso le venature marmoree del pavimento, le tarsi del trono, la bellezza dei gigli, il libro tenuto chiuso con le dita della mano sinistra.

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Nel 1340 l’artista si trasferì ad Avignone, dove rimase fino alla morte, avvenuta nel 1344.

 

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