Rosso Fiorentino: il Manierismo inquieto

di Laura Corchia

 “Con pochi maestri volle stare all’arte, avendo egli una certa sua opinione contraria alle maniere di quegli”.

(Giorgio Vasari)

Giorgio Vasari lo descrive come un uomo di brillante conversazione e gli riconosce “buoni termini di filosofia”, ovvero una preparazione culturale fuori dal comune, di cui furono prova l’amicizia con i letterati, in primis l’Aretino.
Rosso Fiorentino, Sposalizio della Vergine, 1523
Rosso Fiorentino, Sposalizio della Vergine, 1523
Formatosi nella bottega di Andrea del Sarto, dove fu anche il coetaneo Pontormo, Giovanni di Battista di Iacopo, detto Rosso Fiorentino, mostrò una personalità autonoma e originale fin dalla prima opera sicura, l’Assunzione affrescata nel chiostro della SS. Annunziata (1517), affollata composizione ricca di spunti di un realismo che giunge talora alla caricatura. Spirito aggressivo e iconoclasta, diversamente dal meditativo e introverso Pontormo, il Rosso Fiorentino dette nelle opere successive un contributo fondamentale al momento più ricco e inquietante del manierismo fiorentino: dalla macabra, demoniaca evocazione del celebre disegno degli Scheletri (1517, Firenze, Uffizi), di evidente influsso nordico, alla pala con Madonna e Santi per S. Maria Nuova (1518, Firenze, Uffizi), di cui Vasari sottolineò acutamente le “arie crudeli e disperate” delle figure, alla Deposizione (1521, Volterra, Pinacoteca comunale), intellettualistico capolavoro di esasperata tensione formale, al pezzo di bravura del Mosè e le figlie di Ietro (1523, Firenze, Uffizi), eccezionale esercitazione su temi michelangioleschi, dissacrati con estrema acutezza di stile.

Rosso Fiorentino. Deposition. 1521. Oil on wood. 375 × 196 cm. Pinacoteca Comunale di Volterra, Italy.
Rosso Fiorentino, Deposizione, 1521
Opere altrettanto originali e inquietanti non si ritrovano più nella successiva attività del Rosso Fiorentino, operoso a Roma (1524-27), a Sansepolcro, a Venezia e infine in Francia (1530), come pittore di corte di Francesco I. Nei lavori alla reggia di Fontainebleau, condotti in collaborazione con Primaticcio (padiglione di Pomona, 1532-35; galleria di Francesco I, 1534-37), l’estro eversivo della prima fase del Rosso Fiorentino lascia il posto a un’eleganza sottile e cortigiana, ma sempre sostenuta da un alto magistero stilistico, come rivelano anche i numerosi disegni coevi. Un tono più grave e contenuto distingue i dipinti tardi, come la Pietà (1537-40, Parigi, Louvre). La notizia della morte per suicidio, riportata da Vasari, ultimo tocco a una “esemplare” vita di manierista, è da considerare pura leggenda.

“Morì il Rosso l’anno 1541, lasciando di sé gran disiderio agl’amici et agl’artefici, i quali hanno mediante lui conosciuto quanto acquisti appresso a un prencipe uno che sia universale, et in tutte l’azzioni manieroso e gentile, come fu egli, il quale per molte cagioni ha meritato e merita di essere ammirato come veramente eccellentissimo.”

 

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