Pietro Perugino: pittore colto e fecondissimo

di Laura Corchia

All’alba di quella che Giorgio Vasari definiva “maniera moderna”, Pietro Perugino, secondo Agostino Chigi, “è il meglio maestro d’Italia”.

Nato a Città della Pieve nel 1448 circa, si forma studiando le opere di Piero della Francesca. Sebbene Perugia fosse a quel tempo un vivace centro culturale e artistico, è a Firenze che riceve gli insegnamenti più preziosi. Recatosi nella città toscana a partire dal 1467, il Vasari lo ricorda tra gli aiuti di Andrea Verrocchio. Qui ha modo di lavorare gomito a gomito con alcuni dei più importanti artisti dell’epoca: Leonardo, Ghirlandaio, Lorenzo di Credi, Lippi e soprattutto con il coetaneo Botticelli.

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Dopo la sua iniziale formazione, Perugino sviluppa uno stile del tutto personale, capace di coniugare i modi raffinati e narrativi della pittura umbra con il naturalismo fiorentino, basato su un attendo studio dal vero e sulla dissezione dei cadaveri per meglio assimilare l’anatomia.

Stabilita la sua bottega a Perugia, viaggia tra l’Umbria, le Marche, Firenze e Roma e le sue opere viaggiarono in tutta Italia. Le ragioni del grande apprezzamento vanno ricercate nella sua capacità di tradurre in pittura complessi programmi umanistici e temi di propaganda politica, con un linguaggio moderno e classico al tempo stesso. Le sue opere religiose sono capaci di coinvolgere i fedeli con la loro grazia e l’idealizzazione delle fisionomie. Anche quando tratta soggetti drammatici, come il Compianto sul cristo morto, utilizza uno stile aggraziato e commovente. Tutti i personaggi sono attentamente studiati e ognuno partecipa a suo modo al dramma. L’artista conferisce respiro alla composizione collocandola in un paesaggio aperto, minuziosamente indagato.

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Compianto sul Cristo morto
Compianto sul Cristo morto

A partire dal 1479 è attivo a Roma, per decorare la parete di fondo della Cappella Sistina accanto a Botticelli, Ghirlandaio e Cosimo Rosselli. Perugino si avvale invece di Pinturicchio e risulta essere il pittore più giovane. Ne La consegna delle chiavi  i personaggi si dispongono in primo piano, assumendo varie pose. I corpi monumentali e le pieghe voluminose rivelano la sua formazione all’ombra del Verrocchio. Sullo sfondo si apre una piazza rivestita di marmi policromi. Tre grandi architetture chiudono la composizione: quelle laterali rievocano la Roma antica, quella centrale, immagine del tempio di Gerusalemme, è esemplata sulle architetture di Bramante.

 La consegna delle chiavi a San Pietro
La consegna delle chiavi a San Pietro

Fino al 1512 l’attività del Perugino rimane intensa e lo vede impegnato per chiese importanti, per lo studiolo di Isabella d’Este a Mantova e per la volta della stanza dell’Incendio in Vaticano.

L’ultima produzione di Perugino, inaridita nella ripetizione delle invenzioni più fortunate, è legata ad affreschi devozionali in piccole cittadine dell’Umbria: la Pietà di Spello e l’Adorazione dei pastori a Trevi.

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Muore nel 1523 di peste.

Colto e fecondissimo pittore, ha saputo creare opere fatte di armonie e silenzi, con i colori dolcemente sfumati e figure cariche di grazia delicata e dolce melanconia.

Scrive Vasari: “Ma nessuno di tanti discepoli paragonò mai la diligenza di Pietro, né la grazia che ebbe nel colorire in quella sua maniera, la quale tanto piacque al suo tempo, che vennero molti di Francia, di Spagna, d’Alemagna e d’altre provincie, per impararla. E dell’opere sue si fece come si è detto mercanzia da molti, che le mandarono in diversi luoghi, inanzi che venisse la maniera di Michelagnolo”. 

 

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