Meraviglie di Napoli: il Museo Cappella Sansevero

di Chiara Riccelli

Il Museo Cappella Sansevero (detto anche chiesa di Santa Maria della Pietà o Pietatella), è situato nel cuore del centro storico di Napoli, nei pressi di piazza San Domenico Maggiore, costituisce una delle pietre miliari del patrimonio artistico della città .

Intorno a questo luogo misterioso ed affascinante aleggiano molteplici leggende, in particolare si narra la leggenda secondo cui un uomo arrestato per un crimine da lui non commesso, veniva condotto verso il carcere, passando davanti al muro che delimitava la proprietà dei de Sangro, detta Sansevero. L’uomo invocò l’aiuto della Beata Vergine, e nello stesso momento in cui lo fece, una parte del muro crollò, riportando alla luce un dipinto in cui era ritratta la Madonna. Una volta riconosciuta la sua innocenza, l’uomo fece restaurare o ridipingere, a seconda della leggenda alla quale si vuol dare credito, l’immagine; costruendo al suo fianco una lampada in argento che avrebbe dovuto portare luce al quadro per l’eternità. L’immagine mariana divenne in poco tempo un luogo di culto, venerato dalla popolazione.

Le virtù

La costruzione della Cappella, che avrebbe custodito il meraviglioso quadro mariano, fu voluta dalla volontà di Giovan Francesco Paolo di Sangro, principe di Sansevero. Nel 1613 Alessandro di Sansevero, nipote del Principe, decise di ampliare la piccola costruzione per trasformarla in una nicchia di famiglia. Per una serie di eventi  i lavori furono interrotti e poi ripresi, fino al 1744, quando sotto la guida di Raimondo di Sangro, VII Principe di Sansevero, furono completati secondo i suoi voleri.

Il restauro del settecento mantenne inalterate alcune caratteristiche della costruzione seicentesca: la grandezza perimetrale e i quattro mausolei laterali ed infine la decorazione policroma dell’abside.

Raimondo di Sangro, dedicò molta attenzione al completamento della cappella, facendo inserire un insieme di elementi iconografici che già dall’ingresso catturano l’attenzione del visitatore immergendolo in un atmosfera sacra e misteriosa.

Cristo_velato

Gli elementi portanti di tale progetto sono le dieci statue denominate “Virtù”, addossate alle pareti, di cui nove dedicate alle consorti di nove membri della famiglia Sansevero e una “il Disinganno”dedicata ad Antonio di Sangro, padre del principe Raimondo.

 

L’amor Divino(di incerta attribuzione); raffigura un giovane avvolto in un mantello che rivolge lo sguardo verso il cielo tenendo nella mano destra un cuore fiammeggiante; ciò a simboleggiare l’amore per Dio.

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Il Decoro (Antonio Corradini, 1751-52).; è dedicata alla prima e alla seconda moglie di Giovan Francesco di Sangro, terzo principe di Sansevero. Tale virtù viene incarnata da un giovane coperto da una pelle di leone; al suo fianco è posta la testa dello stesso animale, poggiata su un tronco di colonna, che sta ad indicare la vittoria dello spirito umano sulla natura felina.

il Disinganno (Francesco Queirolo, 1753-54); opera dedicata al padre Antonio, duca di Torremaggiore. “Asservito” ,come indica la lapide, “alle giovanili brame”.

Infatti, il duca passò gran parte della sua giovinezza a percorrere lunghi viaggi per l’Europa e solo durante la vecchiaia, quasi come per redimersi da una vita fatta di eccessi, decise di dedicarsi alla vita sacerdotale. Il gruppo scultoreo descrive la liberazione dell’uomo dal peccato, simboleggiato dalla rete dal quale cerca di districarsi. Un genietto alato, che presenta sul volto una piccola fiamma che sta a simboleggiare l’intelletto umano, aiuta l’uomo a liberarsi dalla rete , mentre con il dito indica il globo terrestre ai suoi piedi, simbolo delle passioni terrestri. Il bassorilievo sul basamento, con l’episodio di Gesù che dona la vista al cieco rafforza il concetto espresso dall’opera.

Dominio di se stessi(Francesco Celebrano, 1767); Simbolo della forza d’animo è un guerriero romano che tiene in catene un leone, il quale obbedisce al volere dell’uomo attraverso un solo sguardo:ciò sta a simboleggiare  l’istinto che soggiace alla volontà e alla ragione.

Educazione (Francesco Queirolo 1753-54); dedicato a  Girolama Caracciolo e Clarice Carafa di Stigliano, prima e seconda moglie di Paolo di Sangro.

La scultura rappresenta una donna che impartisce  nozioni ad un giovane, il significato viene rafforzato dal  motto posto sul basamento: “Educatio et disciplina mores faciunt” (“L’educazione e la disciplina formano i costumi”). Il giovane tiene fra le mani il De Officiis di Cicerone, un testo di grossa rilevanza per l’epoca.

Libertà (Francesco Queirolo 1754); è dedicata a  Giulia Gaetani dell’Aquila d’Aragona, consorte del quarto principe di Sansevero. La donna ripone fra le mani ori e gioelli e stringe alcune monete e un compasso, simboli di generosità e temperanza.

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Pudicizia (Antonio Corradini, 1752); Il monumento è dedicato alla memoria della madre Cecilia Gaetani dell’Aquila d’Aragona. La scultura è composta da una donna coperta da un velo posto con eleganza e naturalezza. Vi sono inoltre molti elementi che arricchiscono il senso allegorico dell’opera; l’albero della vita,la lapide spezzata stanno ad indicare rispettivamente il profondo legame del Principe con la madre e un’esistenza terminata troppo presto.

Inoltre la donna coperta da un velo può far riferimento alla dea Iside, custode delle scienze iniziatiche.

Sincerità (Francesco Queirolo 1754); dedicato a Carlotta Gaetani moglie di Raimondo di Sangro.

Qui vi è una donna che regge nella mano sinistra un cuore e nella destra un caduceo, simboli l’uno di amore e carità, l’altro di pace e ragione.

Soavità del giogo coniugale (Paolo Persico, 1768.); alla moglie del suo primogenito Vincenzo, Gaetana Mirelli dei principi di Teora. Il gruppo marmoreo è costituito da una donna che con la sinistra tiene a sé un giogo piumato (dolce obbedienza), e con la destra innalza due cuori fiammeggianti (amore profondo e reciproco); ai suoi piedi vi è un piccolo angelo che gioca con un pellicano, che secondo l’iconografia cristiana medievale indica carità e misericordia.

Zelo della religione (Fortunato Onelli 1767); Dedicato a Ippolita del Carretto e Adriana Carafa della Spina, mogli del fondatore della Cappella Giovan Francesco di Sangro.

In questo complesso gruppo scultoreo, emerge la figura di un uomo anziano che porta in una mano la luce della Verità e nell’altra una frusta per punire l’empietà.

macchine-anatomiche

Ma ciò rapisce l’attenzione, per la sua incomparabile bellezza, è Il Cristo Velato, un’opera scultorea di inestimabile valore artistico posto al centro della navata.

L’opera inizialmente fu commissionata dal principe Raimondo ad  Antonio Corradini, il quale morì prima della realizzazione della stessa.Tutt’oggi vengono conservati alcuni bozzetti dell’artista presso il Museo di San Martino di Napoli.

In seguito, il principe decise di far ideare e realizzare l’opera ad un giovane scultore, Giuseppe Sanmartino. L’opera doveva essere, secondo il volere del principe, “una statua di marmo scolpita a grandezza naturale, rappresentante Nostro Signore Gesù Cristo morto, coperto da un sudario trasparente realizzato dallo stesso blocco della statua”.

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Invero, come per la “Pudicizia”, il messaggio centrale viene veicolato attraverso un velo che copre il volto ed il corpo del soggetto, ma l’intenzione e l’emozione che ne traspare sono del tutto diverse; risultano molto più profonde rievocando emozioni e sentimenti che vanno ben oltre la bellezza estetica dell’opera.

Osservando da vicino la scultura raffigurante il Cristo disteso, emerge la moderna sensibilità dell’artista; il quale scarnifica il corpo e lo lascia trasparire attraverso il velo con una delicatezza del tutto reale. Un velo che  accoglie e conserva la sofferenza del corpo ormai esanime. La genialità di Sanmartino si risolve nell’evocazione di un momento drammatico, in cui la sofferenza di Cristo è incarnazione del destino umano.

La cappella di Sansevero, luogo di mistero e bellezza indiscussa non esaurisce qui le sue opere; all’interno di una cavea sotterranea sono conservate, le famose macchine anatomiche, realizzate probabilmente dal medesimo Principe Raimondo, uomo eclettico e di grande ingegno che mostrò sempre molto interesse per le scienze e in particolare per l’anatomia.

Queste due macchine, poste all’interno di due teche, rappresentano gli scheletri di unj uomo e di una donna in cui sono visibili tutt’oggi il sistema artero-venoso quasi perfettamente integro.

Ancora oggi, a circa due secoli e mezzo di distanza, non si sa attraverso quali procedimenti o adoperando quali materiali, si sia potuta ottenere una tanto eccezionale conservazione dell’apparato circolatorio o quanto meno a riprodurli in modo così esatto. Secondo “la leggenda nera” Raimondo di Sangro “fece uccidere due suoi servi, un uomo e una donna, e ne fece imbalsamare stranamente i corpi in modo che mostrassero nel loro interno tutti i visceri, le arterie e le vene”. Ma una ricostruzione più accreditata è che il sistema circolatorio sia frutto, in parte o nella sua interezza, di una ricostruzione effettuata con diversi materiali, tra cui la cera d’api e alcuni coloranti. Qualsiasi sia l’origine di queste strane macchine è prodigioso l’effetto che fa osservarli, soprattutto per la conservazione a cui si è fatto fronte per lunghi secoli.

L’insieme delle magnifiche opere che compongono questo luogo immerso nella città costituisce per i visitatori un esperienza unica.

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