Luca della Robbia: quando la terra diventa vetro

Di Laura Corchia

La scultura in terracotta invetriata, “un’arte nuova, utile e bellissima”, come la definì Giorgio Vasari, rappresentò nella produzione artistica del Rinascimento un’innovazione fondamentale di cui spetta il gran merito a Luca della Robbia (Firenze, 1399/1400-1482).

Madonna and Child 1445-50. Glazed terracotta, partially gilt, 48 x 39 cm. Metropolitan Museum of Art, New York
Madonna and Child 1445-50. Glazed terracotta, partially gilt, 48 x 39 cm. Metropolitan Museum of Art, New York

Fonti e documenti del tempo non forniscono indicazioni sui metodi e sui procedimenti tecnici, pertanto questa invenzione è stata a lungo avvolta da un alone di mistero. In realtà, l’uso di applicare lo smalto stannifero sulla maiolica era stato diffuso dagli arabi già nel XIV secolo. Luca perfezionò la tecnica, ne sperimentò tutte le possibilità e impiantò una fortunata bottega che vide a lavoro diversi membri della sua famiglia. Per poter comprendere le tecniche di produzione delle ceramiche robbiane non basta spulciare i trattati di tecniche artistiche, ma occorre osservare molto i manufatti, interrogarli e interpretare i segni impressi nella terra al momento della lavorazione e fissati stabilmente col fuoco.

La materia prima (argilla) veniva accuratamente selezionata e sottoposta a processi di depurazione e di lavorazione al fine di ottenere una consistenza idonea per la modellazione che si eseguiva manualmente oppure a stampo, con l’ausilio di forme in gesso, in cui l’argilla veniva pressata con le dita. L’uso di stampi esigeva comunque una rifinitura a mano e consentiva eventuali varianti rispetto al modello. Una volta che l’argilla aveva raggiunto la durezza del cuoio, si riduceva la massa interna praticando lo svuotamento da tergo o dal basso. Lo spessore sottile e omogeneo limitava la formazione di crepe e rotture durante l’essiccazione e la cottura. Per analoghe ragioni, le opere medie e grandi venivano sezionate in più parti con il filo di rame. Dopo la cottura la ricomposizione avveniva nel montaggio a parete, mentre quella di statue e gruppi poteva giovarsi di perni in legno. La tecnica del sezionamento, oltre a facilitare la cottura, consentiva di trasportare agevolmente le opere a grande distanza. La cottura avveniva a una temperatura tra i 750 e i 950°C.

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Gli smalti erano formati da una miscela di piombo, stagno, silice, un elemento alcalino e con l’aggiunta di ossidi metallici per ottenere i vari colori. Lo smalto in sospensione acquosa veniva applicato a pennello. Con la seconda cottura, a temperatura leggermente inferiore, lo smalto subiva un processo di vetrificazione e si fissava stabilmente al supporto. Eventuali decorazioni in oro venivano eseguite a freddo applicando la foglia d’oro “a missione”, cioè con un adesivo a base di olio e terre o bolo. La produzione robbiana prevedeva anche una policromia a freddo, con colori a olio stesi su una preparazione a bianco di piombo e olio. Questo tipo di coloritura era prevista quando si aveva necessità di colori difficilmente ottenibili con gli smalti ceramici, come il rosso e l’incarnato.

 

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