L’iconografia della Madonna del Latte: dalla stilizzazione alla dolcezza materna

di Laura Corchia

Quello della Madonna è il tema iconografico più ricco di tutta l’arte cristiana. Con l’espressione “iconografia mariana” si intende tutta quella serie di tipologie con cui l’immagine della Madonna è stata rappresentata nei secoli dalla storia dell’arte. La maggior produzione di opere figurative su Maria si è avuta tra il Medioevo e il secolo seguente a quello della Riforma cattolica, cioè tra il Duecento e il Seicento, secondo due filoni fondamentali di immagini: quelle legate alla descrizione di singoli episodio della sua vita e quelle con un intento più simbolico, intesa a rappresentare dei teologici o delle credenze legati alla figura mariana.

Tra i vari tipi di icona che i crociati portarono dall’Oriente, particolare fortuna ebbe in Occidente il tipo della Galaktotrophousa, cioè della Madonna che nutre col suo latte il Bambino, un tema diffuso dal XII a tutto il XVIII secolo. Viene rappresentata la Madonna che, appunto, talvolta in compagnia di angeli. allatta il Bambino, il quale è ritratto in modo del tutto naturalistico mentre succhia il latte, oppure è rivolto verso lo spettatore sulle ginocchia della Madre col seno scoperto.

L’iconografia è risalente all’Antico Egitto, epoca in cui erano diffusissime le immagini della dea Iside intenta ad allattare il figlioHorus e il cui culto durerà ancora a lungo intrecciandosi con il Cristianesimo.

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Le prime rappresentazioni iconografiche ufficiali della “Madonna del Latte” si ritrovano nell’Egitto ormai cristianizzato del VI o VII secolo dopo Cristo, essa è ritratta mentre allatta Gesù Bambino o in procinto di farlo. Sono immagini molto stilizzate che soprattutto alludono più che mostrare. In questi casi la composizione è una variante dell’iconografia della Madonna col Bambino. Dall’Egitto copto ebbero poi ampia diffusione presso le chiese orientali nell’arte bizantina, con nome greco di Galaktotrophousa. Da qui si diffuse poi, nei secoli seguenti, anche in Occidente. Tale tipologia di Madonne del Lattedivenne molto popolare nella scuola pittorica toscana e nel Nord Europa a partire dal Trecento.

Nell’Europa occidentale con il culto si diffuse inoltre l’uso di custodire nelle chiese come reliquie ampolle contenenti il latte della Madonna (il Sacro Latte), cui si attribuivano gli effetti miracolosi di restituire il latte alle puerpere che lo avessero perso.

Ambrogio Lorenzetti, Madonna del Latte, 1324-25, Siena, Palazzo arcivescovile
Ambrogio Lorenzetti, Madonna del Latte, 1324-25, Siena, Palazzo arcivescovile

Nel Trecento, gli artisti abbandonano le rappresentazioni stilizzate per ricercare una maggiore naturalezza delle figure e delle pose. Un vertice di questo periodo è rappresentato dalla Madonna di Ambrogio Lorenzetti. La figura non è più colta in modo frontale e ieratico e con il Bambino si stabilisce un affettuoso gioco di sguardi.

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Andrea Pisano, Madonna del latte, 1343-1347
Andrea Pisano, Madonna del latte, 1343-1347

In scultura, notevole è la Madonna del Latte di Andrea Pisano, eseguita tra il 1433 e il 1437. Una delle descrizioni più significative ci viene fornita da Igino Benvenuto Supino nel 1904, ma come possiamo leggere ancora errata nell’attribuzione: “… Niun altro lavoro di Nino raggiunge infatti la perfezione di questa mezza figura, derivata evidentemente dal vero: le estremità sono condotte con accurato studio e il volto oblungo e un po’ depresso della Vergine contribuisce a dare un’espressione più intensa alla fisionomia; la bocca semiaperta, con gli angoli sollevati, dà l’illusione del respiro un po’ affannoso, e par che nasconda, nella contrazione forzatamente sorridente del volto, il dolore che prova la madre nell’allattare”.

Correggio, Madonna del latte, 1524
Correggio, Madonna del latte, 1524

Una raffinatissima interpretazione è quella che dipinge Correggio nel 1524. Il dipinto deve il suo fascino all’estrema “grazia” e naturalezza con cui tratta un tema altrimenti banale, quale l’incontro fra il Bambino e un piccolo angelo che gli porge un ramo di bacche rosse, allusione alla Passione futura. L’immagine è costruita secondo una seducente diagonale che è marcata dal braccio sinistro del Bambino. Il movimento estremamente naturale di quest’ultimo, che pare quasi scivolare sulle ginocchia della madre, ricorda la Madonna della Cesta con cui condivide un’analoga freschezza narrativa e la sottile capacità di descrivere il rapporto affettuoso fra la giovanissima Vergine e il Bambino. Per altri versi l’opera si avvicina alla Madonna di Casalmaggiore rappresentando forse un prodotto successivo nella riflessione su temi affini in piccolo formato.

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La beatitudine della luce, la tenerezza degli incarnati, i sorrisi, la soffusione dorata dei capelli, la musicalissima fluenza dei panni, rendono gaudiosa questa scena di intimità familiare ma non nascondono il conflitto sacro che contiene. Correggio riuscì a figurare ciò che è divino attraverso una toccante umanità, con l’attitudine della Vergine e la stupenda infantilità dei due bambini.

In altri casi la Vergine è rappresentata assieme a personaggi della religione cristiana differenti da Gesù Bambino, come santi o alti prelati. In queste composizioni il latte fuoriesce dal seno della Madonna nella forma di un unico getto o di singole gocce riversandosi direttamente nella bocca del personaggio.

L’iconografia della Madonna del Latte decadde con il Concilio di Trento, i cui dettami imposero ai vescovi di eliminare o ritoccare tutte quelle immagini ritenute sconvenienti e fuorvianti.

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