L’esperienza veneziana di Pietro Edwards (1744-1821): i restauri e i Decaloghi

Di Laura Corchia

Nell’ultimo quarto del Settecento, i vari stati regionali si erano dati delle norme da seguire in merito alla tutela delle opere d’arte. In particolare, due erano i centri che avevano legiferato di più: Roma e Venezia.

A Venezia, in particolare, la tutela era affidata al Collegio dei pittori (corporazione degli artisti). Inoltre, nel 1773, venne creata la figura dell’Ispettore delle Pubbliche Pitture, affidata a Antonio Maria Zanetti. Il suo primo compito era quello di catalogare i beni presenti in ciascun edificio ed effettuare dei periodici sopralluoghi per verificare che tutto fosse in ordine.

Cinque anni dopo, si decise di creare il primo laboratorio pubblico di restauro e di affidarlo a Pietro Edwards, un esperto d’arte e pittore di discreto livello.

I laboratori avevano sede presso il Convento dei santi Giovanni e Paolo. I restauri venivano effettuati da pittori posti al servizio dell’ente ed i controlli erano esclusiva prerogativa di Edwards. Uno dei compiti principali dell’Ispettore era quello di valutare lo stato di conservazione e di proporre l’intervento più opportuno. Fonti preziose per capire la sua attività sono le cosiddette “referte”, ovvero le relazioni di restauro. Le opere erano poi classificate in tre gruppi, a seconda dello stato di conservazione e questa suddivisione permetteva di valutare preventivamente i costi.

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Inoltre, l’Edwards fu autore di due Decaloghi, uno con l’elenco delle cose che i restauratori si impegnavano ad attuare e uno con le cose che i restauratori si impegnavano a non fare.

Importantissimi sono i punti otto, nove e dieci, in cui si affronta il problema spinoso della pulitura. Egli distingueva le due diverse finalità di questa operazione: l’eliminazione dei materiali alterati e la rimozione di ridipinture e rifacimenti. Secondo il suo pensiero, non bisognava accanirsi nel vano tentativo di riportare il colore come era da nuovo perché si correva il rischio di eliminare le velature e di ottenere così una materia piatta.

L’ultimo punto vincolava i restauratori ad utilizzare materiali removibili e quindi gettava le basi della moderna reversibilità. Inoltre, di ogni operazione venivano fornite le indicazioni che indirizzavano in maniera corretta il lavoro.

Sotto la sua direzione, furono restaurate opere come San Marco e le Virtù teologali di Paolo Veronese e la Disputa dei dottori di Bonifacio Veronese.

Paolo Veronese, San Marco e le Virtù teologali, Parigi, Museo del Louvre
Paolo Veronese, San Marco e le Virtù teologali, Parigi, Museo del Louvre

Edwards fu autore anche di alcuni scritti nei quali si fornivano all’autorità pubblica una serie di precauzioni volte a custodire correttamente i dipinti. Egli elencava i possibili danni e, per ognuno, forniva rimedi e precauzioni.

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L’occupazione austriaca segnò la fine dell’esperienza veneziana. Nel 1797, l’Ispettore ricevette l’ordine di sgombrare il refettorio di San Giovanni e Paolo, destinato a diventare ospedale militare.

 

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