Le croci dipinte: nascita ed evoluzione di un genere. Il Crocifisso di Sarzana e Giunta Pisano

di Selenia De Michele

Per lungo tempo si è ritenuto che il monumentale Crocifisso di Sarzana (297 x 214 cm), firmato e datato da Maestro Guglielmo nel 1138, fosse il più antico dipinto su tavola in Italia. Ad oggi altre opere si contendono il primato tuttavia è con questo crocifisso che si da avvio alla pittura su tavola.

La pittura su tavola riunisce al suo interno un complesso di opere caratterizzata dalla varietà di forme (si va dal palliotto d’altare, alla pala agiografica, alla Maestà), soggetti e luoghi di destinazione e mostra caratteri distinti da quelli delle ICONE, un genere diffusissimo in Oriente e saldamente legato al rispetto e all’aderenza ad alcuni tipi atemporali. La Toscana e l’Umbria diventano i centri di nascita, produzione e diffusione di questo nuovo genere.
A differenza dei cicli di affreschi collocati sulle pareti delle chiese romaniche destinati a narrare la Parola di Dio, la croce dipinta assume un valore meno illustrativo e più meditativo. Sia che il Cristo sia rappresentato da vivo, secondo l’iconografia bizantina del Christus Triumphans, sia da morto come Christus Patiens, l’immagine del Salvatore ha comunque lo scopo di intrecciare un dialogo personale con il fedele. Attraverso lo sguardo ieratico e fisso o per mezzo delle sue ferite e del suo sangue la figura di Cristo comunica il mistero della morte e della resurrezione. L’iconografia più antica, i cui riferimenti sono da rintracciarsi nei moedlli aulici carolingi ed ottoniani, prevede il Cristo vivo sulla croce impassibile alle sofferenze che gli vengono inflitte. Questa scelta rimane l’unica praticata per tutto il XII secolo. Solo agli inizi del Duecento, come testimonia la Croce n. 20 del museo di Pisa e a seguire un numero di croci destinate alle chiese degli ordini francescani e domanicani, si assite ad un radicale mutamento dello schema iconografico di origine e si fa strada l’immagine del Cristo morto sulla croce. Le tre croci che Giunta Pisano firma tra gli anni venti e cinquanta del XIII secolo sono una novità assoluta. Innanzitutto manca il ricco apparato didascalico e narrativo finora illustrato sul cosiddetto “tabellone” sostituito da un tappeto multicolore e geometrico che imita tessuti e drappi preziosi. L’attenzione è tutta concentrata sul Cristo Patiens rappresentato con toni sempre più drammatici e commoventi. Tuttavia la nuova maniera non è imperante e fino alle croci eseguite da Cimabue negli anni settanta e ottanta del Duecento le due tipologia, Triumphans e Patiens, convivono ponendo rispettivamente l’accento in un caso sulla redenzione e nell’altro sulla morte. E’ significativo che tuttavia proprio l’ordine francescano cui si deve l’introduzione del modello patiens in alcuni casi non rinuncia al tabellone esplicativo con le storie della Passione come accade nella croce di Coppo di Marcovaldo, nel museo di San Gimignano eseguita per la chiesa delle clarisse. Casi del genere sollevano interrogativi circa la funzione di questo tipo di opere, oltre che sulla loro collocazione all’interno della chiesa. Gli affreschi di Giotto dipinti nella basilica superiore di Assisi mostrano alcuni sistemi in cui i dipinti mobili su tavola potevano essere collocati all’interno delle chiese. Nel primo caso (San Francesco in preghiera a San Damiano) una croce è innestata in un incavo sulla mensa d’altare mediante un apposito prolungamento del braccio verticale; nel secondo (Accertamento delle stigmate) un crocifisso è posto sulla trave di un’iconostasi rivolto verso lo spettatore ed inclinato di modo da favorire la contemplazione. Il terzo caso (Presepe di Greccio) fornisce informazioni circa le modalità di fissaggio mostrando il retro di una grande croce dipinta. Molto frequente doveva essere la collocazione di tavole dipinte sugli altari minori e laterali. Inoltre l’uso del tabellone con episodi della vita o della Passione di Cristo da modo di pensare che i dipinti potessero trovarsi molto vicini ai fedeli. Ulteriore prova è la consunzione di alcune tavole in corrispondenza dei piedi di Cristo segno che i fedeli pottevano toccarli e baciare le immagini oggetto di venerazione. Pertanto le croci erano alla loro altezza.
Personaggi onnipresenti nelle croci dipinte sono la Vergine e San giovanni, testimoni della morte divina.

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croce di Sarzana
Abbiamo detto che il primo dipinto su tavola generalmente riconosciuto è croce di Sarzana. Il dipinto raffigura il Christus Triumphans affiancato dalle figure dolenti delle Marie e di San Giovanni Evangelista, oltre che da alcuni episodi della Passione culminanti nella scena dell’Ascensione raffigurata nella cimasa. Al di sotto di questa un’elegante iscriione in esametri leonini recita ANNO MILLENO CENTENO TER QUOQUE DENO OCTAVO PINXIT GUILLIELMUS ET HEC METRA FINXIT. Sono due versi scritti da Maestro Guglielmo, che oltre a rivendicare la apternità dell’opera e la sua datazione (1138) danno testimonianza della sua cultura ed abilità nel creare inedite formule poetiche utilizzando il nuovo metro nato alla fine dell’XI secolo. La croce di Gugliemo appartiene ad una tipologia complessa che prevede le estremità stondate (cimasa in alto, capicroce ai lati e tabellone ai fianchi), mirabile esempio di carpenteria. Lo stile della croce dovette essere un punto di riferimento essenziale per i pittori dell’epoca che ne riprendono i modi nelle croci per San Michele in Foro, per il monastero femminile della Zecca e Santa Maria dei Servi, ora conservate nel museo di Villa Guinigi a Lucca. Le radiografie eseguite per il restauro hanno mostrato che l’originale figura di Cristo dipinta da Guglielmo venne aggiornata a pochi decenni di distanza forse per rendere più accattivante l’aspetto de Salvatore agli occhi dei fedeli e sollecitarne l’adorazione. Il legno impiegato non è il pioppo (tipico della tradizione italiana) bensì il castagno altrettanto facile da lavorare per le sue proprietà di elasticità e resistenza. La presenza di un’accurata ammannitura (uno strato cioè di gesso e colla) sul retro fa supporre che la croce fosse visibile anche da questa parte e che probabilmente era collocata su un’iconostasi o su una trave secondo le modalità tramandate da Giotto in Assisi.

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Giunta_pisano,_crocifisso_di_san_ranieriLa grande croce di Giunta Pisano fu eseguita intorno al 1240 e troviamo la firma dell’artista nel piede della croce. La grande croce mostra la figura esangue di Cristo crocifisso secondo il modello del Cristo Patiens. Il corpo di Cristo, teso nel dolore della morte, disegna una curva che prosegue nella testa reclinata. L’anatomia è delineata attraverso convenzioni grafiche che disegnano l’addome, il torace, le fasce muscolari delle braccia e delle gambe. La plasticità della figura è ottenuta attraverso intensi chiaroscuri rafforzati lungo i contorni della figura. Ai lati del Cristo compaiono entro i tabelloni, la Vergine e San Giovanni Evangelista raffigurati a mezzo busto e con una mano al volto, gesto che esprime il loro dolore. La croce è completata in alto da un tondo con la figura di Cristo redentore nell’atto di benedire. L’iscrizione INRI compare subito al di sotto. Nel crocifisso viene rappresentato sinteticamente l’episodio evangelico della Crocifissione. La figura del Cristo accompagna la forma della croce tuttavia ne fuoriesce attraverso il doloroso inarcarsi del corpo che sorpassa i limiti del legno per sovrapporsi alla preziosa stoffa che riveste il tabellone.

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