“L’Annunciata” di Antonello da Messina: “la man più bella che io conosca dell’arte”

di Laura Corchia

“La man più bella che io conosca dell’arte”: con queste parole, Roberto Longhi definì, nel 1912, il gesto compiuto dall’ Annunciata di Antonello da Messina. Una mano che si protende verso lo spettatore, che ruota nello spazio, che sembra racchiudere tutto il significato dell’opera.

Antonello_da_Messina_-_Virgin_Annunciate_-_Galleria_Regionale_della_Sicilia,_Palermo

Questa “Madona col libro avanti”, come venne definita da Marco Boschini, fu realizzata dal pittore tra il 1475 e il 1476. Il suo ovale perfetto, modulato da una luce radente proveniente da sinistra, è incorniciato da un manto azzurro tenuto chiuso dall’altra mano e sfaccettato come una gemma preziosa. L’angelo è assente dalla scena, ma possiamo avvertire la sua presenza, il suo sopraggiungere all’improvviso nella stanza buia dove la Vergine sta leggendo. Il moto d’aria che egli provoca è indicato dallo svolazzare delle pagine del libro, come se all’improvviso una folata di vento avesse costretto Maria a distogliere l’attenzione. I suoi occhi sono rivolti verso un punto lontano, assorti in una concentrazione interiore che esprime pacatezza e misura, accettazione del volere divino.

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Con quest’opera, Antonello da Messina ci offre la possibilità di meditare sul tema dell’Annunciazione in termini assolutamente inediti. Il vuoto provocato dall’assenza dell’angelo è riempito dalla nostra capacità di meditare, di interpretare e di immaginare. Noi stessi diventiamo interlocutori di questo spazio pensoso e assorto di Maria.

 

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