Tra la terra ed il cielo: “L’ Albero Secco” di Petrus Christus.

di Vanessa Paladini

L’albero, grazie alla sua verticalità, è considerato il nesso tra la terra ed il cielo. Prima fonte di vita, esso dona nutrimento e riparo ad ogni essere. Attorno all’ albero si sono diffusi miti e leggende che, nei millenni, hanno legato l’uomo alla natura in modo indissolubile.

Una leggenda diffusa nel Medioevo è quella dell’ Albero Secco. Tale pianta era una delle meraviglie dell’ Asia e secondo la leggenda chi sarebbe riuscito ad appendere lo scudo fra i suoi rami avrebbe assoggettato centoventicinque principi dell’India. Si tratta di un albero sacro (forse un platano orientale) collocato nel Khorāsān, definito volgarmente “Albero del Sole” e successivamente conosciuto come “Albero Secco” nel mondo cristiano poiché sarebbe l’inaridito Albero della conoscenza nell’Eden.

Secondo la tradizione biblica Dio pose l’Albero della conoscenza del bene e del male nel giardino dell’ Eden per dare ad Adamo ed Eva l’opportunità di scegliere se ubbidirGli o disubbidirGli.

Mangia pure da ogni albero del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai’” (Genesi 2:16-17).

Questa lettura cristiana dell’ Albero della conoscenza del bene e del male è stata ben interpretata dal pittore fiammingo Petrus Christus ne “La Vergine dell’ albero secco”, un olio su tavola risalente al 1465 e conservato presso Madrid  -Collezione Thyssen-Bornemisza-.

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Christus  (Baerle  1410 – Bruges 1473)  si formò alla scuola di Bruges di Jan Van Eyck, da lui ereditò aderenza stilistica e scelta di temi, portando a termine alcune opere da lui lasciate incompiute. Dalla magra documentazione risulta che Christus e la moglie diventarono membri della “Confraternita del albero secco”. La confraternita che era stata istituita a Bruges nel 1431 da Filippo III il Buono, duca di Borgogna, aveva il compito di diffondere la religione cattolica.

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“La Vergine dell’albero secco” è un opera enigmatica che ha sia richiami sacri che derivanti dalla confraterita di cui Petrus faceva parte.

Matteo 21, 19 “ Vedendo un fico sulla strada, gli si avvicinò, ma non vi trovò altro che foglie, e gli disse: «Non nasca mai più frutto da te». E subito quel fico si seccò. 20 Vedendo ciò i discepoli rimasero stupiti e dissero: «Come mai il fico si è seccato immediatamente?». “

Si può notare che l’albero su cui sono posti la Madonna e l’ infante Gesù presenta sui rami quindici lettere “A” che ricordano l’ “Ave Maria” ed il Santo Rosario. Le lettere sono quindici poiché questo numero rimanda alle quindici promesse della Madonna per la recita del Rosario stesso.

Anche le ridotte dimensioni della tavola (17,4 x 12,3) , sembrano essere studiate per far apparire l’opera come simbolo privato della preghiera ed inoltre le “A” dorate assumono carattere spirituale grazie al loro colore.

Un particolare che sottolinea il legame di Petrus all’ Ordine di cui faceva parte è determinato dal manto indossato dalla Madonna che è rosso. I cavalieri della Confraternita, nelle cerimonie, inossavano proprio un manto rosso.

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L’Arbusto del pittore fiammingo, dai colori scuri e dai contorni tetri, ha dei rami che intrecciandosi formano quasi un ovale verticale, rimandando alla corona di spine che cingeva il capo di Cristo dopo la flagellazione. L’oscurità di cui si contorna il quadro pone così l’attenzione sul sacrificio del Redentore e sulle conseguenze del peccato originale.

Se allora l’ Albero secco è l’Albero della conoscenza del Giardino dell’Eden ormai privo di foglie e frutti, di quale albero da frutto si tratta?

Nella Bibbia tradotta in latino è presente il termine  “Pomum” che indicava il frutto raccolto da Eva , sotto tentazione. “Pomum”, sostantivo neutro della II declinazione latina, si traduce come “Frutto”, senza specifio rimando al tipo di albero.

Nel Codex Emilianense -Biblioteca reale di San Lorenzo dell’Escorial- vi è una miniatura del 994 con Adamo, Eva e l’Albero del bene e del male. In questa miniatura si può leggere “ Lignum Fici” ovvero “Fusto di Fico” o poeticamente tradotto come “Albero di Fico”.  “Lignum” -sostantivo neutro della seconda declinazione- è un termine che indica proprio la parte legnosa di un albero da frutto.

allegato 2 (1)

Anche nei rilievi realizzati nel 1300sulla  facciata del Duomo di Orvieto dallo scultore Lorenzo Maitani (1275- 1330) si può osservare che l’Albero da cui Adamo ed Eva attinsero il frutto proibito, prima di accorgersi della loro nudità, è un albero di fico.

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Ciò è anche confermato dall’ “Apocalisse di Mosè e Vita di Adamo ed Eva”:

  1. “E in quello stesso istante mi si aprirono gli occhi e mi accorsi che ero nuda della giustizia di cui (prima) ero rivestita. E dissi piangendo: “Che cosa mi hai fatto! Mi hai privato della mia gloria, (quella) di cui ero rivestita”. Però piangevo anche a motivo del giuramento. Quegli (nel frattempo) era sceso dall’albero e si era Quanto a me, cercavo nella mia parte (di paradiso) delle foglie con cui coprirmi le pudenda, ma non ne trovai sugli alberi del paradiso, giacché, non appena ne avevo mangiato, tutti gli alberi (che si trovavano) nella mia parte avevano perso le foglie, ad eccezione di uno solo, il fico. Presene delle foglie, me ne feci delle coperture, e si trattava degli stessi alberi dei quali avevo mangiato! “

Inoltre nel Nuovo Testamento, Cristo utilizza il simbolo del fico spoglio e senza frutti per richiamare il popolo alla conversione dal peccato. (Mt 21,18-22; Mc 11,12-14.20-25; Lc 13,6-9)

Petrus Christus con la sua opera, apparentemente semplice, si è rivelato acuto lettore delle sacre scritture – in particolare della Genesi- e con una profonda unione tra terra e cielo, ha sintetizzato la fragilità che da sempre ha caratterizzato gli uomini. Una vera e propria esegesi biblica attraverso l’arte.

 

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