La storia della mandorla e il suo simbolismo nell’arte

di Sara Venturiero

Il mandorlo ha origini antichissime, già i primi esempi si hanno nella prima parte dell’Età del Bronzo nelle zone dell’Asia Minore, dove si ritiene fosse stato addomesticato dal suo  originario stato selvatico. Il dato certo ci viene offerto dall’Egitto dai resti ritrovati nella tomba del faraone Tutankamon, dai quali risulterebbe che si tratti proprio di antiche varietà di mandorle, molto probabilmente importate dall’Oriente. Da quì si sarebbero diffuse in tutti i paesi del bacino del Mediterraeo, compresa anche l’Italia. In particolar modo le prime importazioni si ebbero in Sicilia, sulle cui spiagge venivano scaricate le preziose merci provenienti dagli scambi commerciali con i Fenici; da quì cominciò ad estendersi l’uso in tutta la Magna Grecia, dove le colonie presero l’abitudine di  utilizzarla principalmente in cucina. Come sempre, però, la storia si fonde con il mito e uno di questi narra di come in realtà l’albero di mandorlo abbia un’origine molto più romantica. Questo mito ci racconta che gli antichi greci narravano di Fillide, una principessa di Tracia, che incontrò l’eroe greco Acamante, figlio di Teseo, sbarcato nel suo regno per una sosta durante la navigazione verso Troia. I due giovani si innamorarono perdutamente, ma Acamante fu costretto a proseguire con gli Achei il suo viaggio per combattere nella guerra di Troia. La giovane principessa, dopo aver atteso dieci anni che la guerra finisse, non vedendo tornare alcuna nave vittoriosa, pensò che il suo amato fosse morto in battaglia, così si lasciò morire dilaniata dal dolore. La dea Atena, commossa da questa struggente storia d’amore, decise di trasformare Fillide in uno splendido albero di mandorlo. Acamante, che in realtà non era morto, tornò in patria e quando seppe che Fillide era morta e che il suo corpo era stato trasformato in albero, lo abbracciò forte ricordando l’amore della sua amata. A quel punto Fillide/pianta, sentendo il calore dell’amore di Acamante, fece spuntare dai suoi rami una cascata di fiori rosati che presero il posto delle foglie. Da quel giorno l’abbraccio si ripeté ad ogni primavera.”

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Da questo mito si deduce come la mandorla, frutto del fiore del mandorlo, sia un simbolo strettamente legato alla fecondità e alla rinascita di una natura rigogliosa, che riempirà di frutti prelibati le tavole dei contadini. Inoltre un altro mito greco vuole che la mandorla sia in realtà la vulva della Dea Cibele, venerata in Anatolia come la Grande Dea Madre,  quindi riconducibile sempre al concetto di fecondità. Non a caso nel Medioevo la mandorla era uno degli ingredienti usati per fantomatici filtri d’amore e persino per pozioni afrodisiache; inoltre era frequente ridurla in poltiglia e mescolarla con olii profumati, tanto da essere utilizzata come base per creme da applicare sul corpo di giovani fanciulle in età da marito. Allo stesso modo non è un caso se la mandorla e l’olio di mandorla, siano entrati in larga scala a far parte dei cosmetici attuali. Proprio per questa sua particolare caratteristica, veniva donata ai novelli sposi in segno d’augurio, dichiarando un’equivocabile auspicio alla prosperità della coppia. Ecco spiegato il motivo secondo cui ai matrimoni si è soliti regalare i confetti in grande quantità.

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Addentrandoci ancor più nella simbologia della mandorla, non possiamo prescindere dal citare la celebre Mandorla Mistica o Visica Piscis, la cui rappresentazione si ritrova frequentemente nelle lunette dei portali delle cattedrali tardo-romaniche e goriche. Si tratta di un simbolo di forma ogivale, ottenuto dalla sovrapposizione di due cerchi aventi lo stesso raggio, che intersecandosi nel centro danno origine a due archetti perfettamente speculari. In realtà questo simbolo lo si ritrova ancor prima del XII-XIII secolo, precisamente nelle basiliche paleocristiane e nelle catacombe, nelle quali è posto in maniera orizzontale anziché in verticale, rappresentante la stilizzazione di un pesce (simbolo di Cristo Redentore) che prende il nome di Ichthys. Questo termine, che per assonanza ricorda non a caso la parola greca “ictus”, che significa “pesce”, veniva letta dai fedeli della religione nascente come l’anagramma di “Iesus Christos Theou Uyios Soter“, letteralmente “Gesù Cristo, Figlio di Dio, il Salvatore”.

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In particolare, l’ichthýs veniva presumibilmente adoperato anche come segno di riconoscimento, ad esempio: quando un cristiano incontrava uno sconosciuto di cui aveva bisogno di conoscere la lealtà, tracciava nella sabbia uno degli archi che compongono l’ichthýs, così se l’altro completava il segno, allora i due individui si riconoscevano come seguaci di Cristo e sapevano di potersi fidare l’uno dell’altro. Ritornando alla Mandorla Mistica possiamo considerare i due cerchi come la rappresentazione dei due mondi su cui si basa la creazione dell’Universo, ovvero il Divino e l’Umano, diversi tra loro ma pur sempre legati a doppio filo l’uno all’altro. L’unione indissolubile tra ciò che è puro spirito, essenza vitale del mondo, energia interiore e ciò che invece è terreno, materiale e carnale. Paradossalmente rappresenta l’equilibrio tra le due entità dapprima inconciliabili tra loro, quali possono essere  la luce e l’ombra, il bene ed il male. La raffigurazione che unisce la duplice natura di tutto il creato, superando l’egocentrismo eccessivo dell’uno o dell’altro. L’esempio cardine, dato dall’intersezione di questi due mondi, è proprio Gesù Cristo che, appunto, secondo la tradizione cristiana, è il figlio di Dio fattosi uomo, il Verbo Divino disceso sulla Terra. Per attinenza la mandorla rappresenza simbolicamente anche i genitali femminili della Vergine, in quanto, così come dal guscio del frutto viene fuori la mandorla vera e propria, allo stesso modo da Maria nasce la nuova speranza per l’umanità, Colui che porterà la Luce nel Mondo. Proprio per questo motivo non è raro trovare, sin dai primissimi esempi di miniature Carolingie ed Ottoniane, la raffigurazione del Cristo all’interno di due archi di cerchio che simboleggiano proprio la sua duplice natura.

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Molto più frequenti e riccamente decorati appaiono, invece, i maestosi portali tardo-romanici e gotici, in particolar modo quelli delle cattedrali francesi. Spesso lo schema compositivo si ripete di rappresentazine in rappresentazione, nel quale si vede il Cristo in Maestà racchiuso nel tipico guscio-vulva della Mandorla Mistica, accerchiato dai simboli dei Quattro Evangelisti e spesso dai Dodici Apostoli riuniti ai suoi piedi; tutto corredato da altorilievi di Santi o in certi casi da episodi biblici, come ad esempio l’Apocalisse.

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Alla fine del nostro viaggio attraverso la simbologia della mandorla, vi proponiamo un’originale chicca dell’artista turco Hasan Kale, capace di realizzare vere e proprie opere d’arte su piccolissimi supporti, raffigurando delicati scorci di metropoli turche. Questa sua peculiarità ci riporta al nostro percorso virtuale, dimostrando la sua particolare capacità nel dipingere straordinari panorami proprio su una delle due metà della mandorla.

 

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