Dentro l’opera: “La nascita di Venere” di Cabanel

di Laura Corchia

“La dea annegata in un fiume di latte ha l’aria di una deliziosa lorette, nemmeno in carne e ossa – sarebbe indecente – ma in una sorta di pasta di mandorle bianca e rosa. C’è gente che trova quest’adorabile bambola ben disegnata, ben modellata, e la dichiara figlia o almeno bastarda della Venere di Milo: ecco il giudizio delle persone gravi. C’è gente che si meraviglia del sorriso della bambola, delle sue membra delicate, della sua posa voluttuosa: ecco il giudizio delle persone leggere. E tutto va per il meglio nel migliore dei quadri possibili”. 

Alexandre-Cabanel-The-Birth-of-Venus

Con queste parole, Émile Zola descrisse la Nascita di Venere di Alexandre Cabanel, uno dei grandi successi del Salon del 1863. L’opera rappresenta la mitica nascita della dea che, secondo le fonti, sarebbe stata posata su una spiaggia dalla schiuma del mare. Prendendo spunto dalla mitologia, l’artista ne approfittò per dipingere il nudo femminile senza destare scandalo nel pubblico. Tuttavia, il richiamo erotico della figura è innegabile ed è particolarmente ravvisabile nella postura del corpo sinuoso, nelle braccia alzate che mettono in evidenza il seno, nei lunghi capelli biondi, nello sguardo celato dal braccio ma diretto verso l’osservatore. Anni dopo, Zola ritornò sulla Venere di Cabanel scrivendo che:

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“La principale malizia di Cabanel sta nell’aver rinnovato lo stile accademico. Alla vecchia bambola classica, sdentata e calva, ha regalato capelli posticci e denti falsi. La megera s’è trasformata in una donna seducente, impomatata e profumata, la bocca a forma di cuore e i boccoli biondi. Il pittore ha perfino spinto un po’ troppo il ringiovanimento. I corpi femminili sulle sue tele sono divenuti di crema. Per colmo di audacia, si è azzardato ad introdurre toni e tocchi di pennello personali. Tutto di proposito, in modo che sembri originale, ma Cabanel non supera mai i limiti. È un genio classico che si permette un pizzico di polvere di riso, qualcosa come Venere nell’accappatoio d’una cortigiana. Il successo è stato enorme. Tutti sono caduti in estasi. Ecco un maestro secondo il gusto degli onest’uomini che si pretendono artisti. Esigete lo squillo del colore? Cabanel ve lo dà. Desiderate un disegno soave e animato? Cabanel dice basta alle linee severe della tradizione. In una parola, se chiedete originalità, Cabanel è l’uomo che fa per voi, questo felice mortale è sempre moderato e sa essere originale con discrezione. Non fa parte di quei forsennati che superano la misura. Resta sempre nelle convenienze, sempre classico malgrado tutto, incapace di scandalizzare il suo pubblico deviando troppo violentemente dall’ideale convenzionale”.

Sull’opera si sono espressi anche Théophile Gautier e  Louis Auvray. Secondo il primo, “Il suo corpo divino sembra pietrificato con la schiuma nevosa delle onde. Le punte dei seni, la bocca e le guance sono tinte d’un rosa inesprimibile; una goccia di porpora ambrosia si spande in quella sostanza argentata e vaporosa”.  Per il secondo, “La Nascita di Venere di M. Cabanel incanta e seduce senza eccitare i sensi. Ciò che si ammira qui, è l’eleganza delle forme, la correttezza del disegno, la finezza e la freschezza del colorito. E meno natura che tecnica ma è più puramente, più poeticamente bello”. 

 

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