Il papiro di Artemidoro: una storia incredibile e misteriosa

di Sara Venturiero

La storia di questo celebre papiro ha dell’incredibile, sia per le travagliate vicende che lo hanno visto protagonista nel corso dei decenni, sia per il continuo, e incerto, studio a cui viene sottoposto, per stabilirne l’originale attribuzione e l’autenticità. A prima vista il papiro stupisce per le sue considerevoli dimensioni, con una lunghezza di circa 2 metri e mezzo per un’altezza di 32,5 centimetri, il cui contenuto è alquanto variegato. Esaminando i due lati del manufatto, possiamo distinguerne le diverse parti: sul recto (la facciata frontale) un testo di carattere geografico redatto in greco antico attribuibile alla mano del geografo Artemidoro di Efeso vissuto a cavallo tra I e II secolo a.C., e sul verso (la facciata posteriore) un susseguirsi di disegni anatomici, animali e floreali, alcuni dei quali correlati da didascalie descrittive.

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Figure autorevoli nel campo degli studi paleografici come Claudio Gallazzi e Barbel Kramer, hanno scrupolosamente studiato il contenuto del testo, attribuendolo proprio al geografo efesino. I risultati di tali studi sarebbero da ritenersi più che attendibili, se non fosse per il “piccolo” dettaglio che questo papiro sia dichiaratamente un falso, creato ad hoc nell’Ottocento delle sapienti mani di Costantino Simonidis, abile falsario capace di creare reperti contraffatti al limite della perfezione. A smentire l’ipotesi dell’attribuzione precedente, è il professore ordinario di Filologia Classica dell’Università di Bari, Luciano Canfora, il quale, dopo altrettante minuziose ricerche, ha potuto riscontrare con assoluta certezza la presenza di incongruenze tra il contenuto di questo testo ed altri dichiaratamente scritti dal pugno di Artemidoro di Efeso. Le disuguaglianze si riferiscono ad errori sia grammaticali sia lessicali, i quali storicamente non dovrebbero comparire in un manoscritto del I secolo a.C., come ad esempio l’uso di termini riferibili al greco di epoca moderna e non al greco antico, oppure l’uso di frasi che non trovano riscontri in altri testi coevi all’autore.

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Per quanto riguarda la facciata su cui sono presenti i particolari anatomici,  inizialmente considerati da Gallazzi e Kramer il frutto del riuso del papiro in epoca rinascimentale da parte di allievi di botteghe, Canfora ha invece dimostrato la particolare somiglianza con gli schizzi presenti sull’Enciclopedia di Diderot. Tali caratteristiche porterebbero inequivocabilmente a dichiarare questo manufatto un falso, seppur di ottima qualità. Ciò che ha tratto in inganno Gallazzi e Kramer sta proprio nell’abilità del falsario Simonidis, che non solo ha utilizzato un supporto papiraceo realmente del I secolo a.C. dal quale ha abilmente grattato via un antico testo di poco valore, ma avrebbe anche adoperato tecniche arcaiche per migliorarne la fattura e la somiglianza con reperti della stessa epoca.

Fotografia

È probabile che lo scopo di Simonidis fosse proprio quello di trarre vantaggi economici dalla vendita di questo reperto, tant’è che ancora oggi, a distanza di 150 anni, suscita scalpore per essere una delle più eclatanti sviste della storia dell’archeologia.

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