“Il mestiere dello scultore: una sfida continua al buon senso” – L’ambiente artistico della Parigi di fine Ottocento

Di Tiziana Vizzino

“Il mestiere dello scultore è, per un uomo, una specie di sfida continua al buon senso, per una donna sola e col temperamento di mia sorella è pura e semplice impossibilità”. Sono parole di Paule Claudel (scrittore, diplomatico e fratello di Camille Claudel), scritte nel 1951, che riassumono, con tagliente sincerità, la difficile posizione degli scultori. Infatti, anche se alcuni di loro riuscirono a raggiungere la celebrità e ottennero delle commissioni dallo Stato, la maggior parte visse in grandi difficoltà.

Il XIX sec. abbonda di aneddoti su scultori che per aver sfidato il buon senso finirono per rimetterci la salute o persino la vita.

Francois - Auguste - Réne Rodin (1840 - 1917) Camille Claudel (1864 - 1943)
Francois – Auguste – Réne Rodin (1840 – 1917)<br />Camille Claudel (1864 – 1943)

Antoine-Louis Barye, scultore francese famoso per la sua specializzazione nella rappresentazione di animali, per vivere dava lezioni di anatomia al Jardin des Plantes a Parigi. Un altro scultore, Ernest Eugene Hiolle, che ha vinto un secondo Prix de Rome nel 1856 e il primo premio di Roma nel 1862 , morì in povertà e per aiutare la sua famiglia fu organizzata una tombolata. Jean-Joseph Perraud pur avendo ottenuto il Prix de Rome nel 1847, non avendo abbastanza denaro per pagarsi i marmi e i bronzi, sopravviveva svolgendo regolarmente il lavoro di operaio. Ma è il destino di Jean Louis Brian (ha vinto il Prix de Rome nel 1832) che illustra meglio quanto fossero profondi a volte i drammi che la creazione di un’opera d’arte metteva in gioco. Essendo a corto di denaro, l’artista aveva riposto tutte le speranze nella sua ultima opera, il “Mercurio”. Perciò volendola proteggere dalla temperatura glaciale dell’inverno, le mise sopra la sua unica coperta e morì di freddo accanto ad essa. Il mondo dell’arte ne fu sconvolto e il Salon attribuì una medaglia d’onore postuma al Mercurio, ma non per questo la situazione degli scultori divenne più rosea.

Auguste Rodin sapeva bene quanto potesse essere spietata la scultura. Rodin quando conobbe la diciannovenne Camille Claudel aveva ventiquattro anni più di lei e alle spalle aveva già un quarto di secolo di battaglie e nonostante ciò cominciava appena a farsi conoscere. Le tre qualità di Rodin ( il genio, una grande capacità di lavoro e la sua testardaggine) gli avevano permesso di raccogliere questa sfida. Edmond de Goncourt (scrittore e critico letterario francese) andò a trovarlo nel suo atelier nel 1886 e lo descrive come un uomo “dai tratti popolani, il naso pronunciato, gli occhi chiari che lampeggiano sotto le palpebre morbosamente arrossate, la lunga barba bionda, i capelli corti e tirati all’indietro, la testa rotonda, quella testa di una dolce ostinata testardaggine…”.

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Bronzo di Rodin raffigurante Camille
Bronzo di Rodin raffigurante Camille

Camille Claudel è ricordata come la talentuosa scultrice francese che da giovanissima intrecciò una tormentata relazione con Auguste Rodin. Ma Camille, carattere indipendente e irrequieto, è stata soprattutto una donna emancipata che ha sfidato le convenzioni sociali e culturali della sua epoca, soccombendo infine psicologicamente sotto il peso della riprovazione pubblica, dei pregiudizi atavici e delle privazioni materiali. Addirittura, la famiglia di Camille, turbata dal suo anticonformismo,  reagì alle sue “crisi” facendola internare in una casa di cura per malati di mente, dove rimase fino alla morte, 19 ottobre del 1943.

Nella Parigi del XIX sec non fu facile neanche per Rodin. Fin dall’inizio ebbe l’idea di adattare alla scultura un principio che utilizzava nel disegno, ossia un accumulo di profili. Quando disegnava, faceva degli schizzi del modello da tutte le angolazioni poi, mentre scolpiva, si sedeva e lavorava “un profilo dopo l’altro, insieme e separatamente, ruotando il lavoro in tutte le direzioni”. Il risultato era talmente spontaneo, talmente pieno di energia e così poco accademico da spiegare forse il motivo per cui fallì per ben tre volte l’entrata all’Ecole des Beaux-Arts perdendo così la possibilità di concordare al Prix de Rome. Iniziano per lui le insidie e per fronteggiarle cominciò a vivere una doppia vita: lunghe giornate di lavoro come decoratore e scultore nel tempo che gli restava. Al servizio di Carrier-Belleuse (scultore e pittore francese), Rodin creò numerosi oggetti decorativi ma che il suo maestro firmava e vendeva.

Rodin "L'Age d'airain" (1877) - Musée d'Orsay, Parigi
Rodin “L’Age d’airain” (1877) – Musée d’Orsay, Parigi

A Bruxelles, in Belgio, le sue opere vennero accettate, tra cui L’Homme au nez cassé rifiutato dal Salon francese. Nonostante ciò, anche qui dovette affrontare una delusione peggiore, il suo Age d’Airain era talmente realistico che venne definito un calco del vero. Solo dopo il completamento di un frontone a una velocità straordinaria, “Ho preso della terra, preparai delle palline…e le misi in azione. Presero subito forma. In cinque ore avevo finito”. Il risultato non tardò ad arrivare, realizzò una porta, La Port de l’Enfer, destinata al museo di Arti Decorative e un bronzo de L’Age d’airan commissionati da Edmund Turquet (sottosegretario del ministero delle belle arti) che gli concesse pure un atelier al Dépot des Marbres al 182 si Rue de l’Université. Rodin ottenne finalmente il rispetto che aspettava da tempo, anche se le preoccupazioni materiali erano ben lontane dall’essere risolte.

Sfidare il buon senso è nella natura stessa della scultura: un’arte dura e costosa.

Le donne dovevano sopportare la stessa fatica ma per loro era anche più dura: quelle, ad esempio, che, dopo aver ricevuto il permesso dal prefetto della Polizia, si vestirono da uomo per ragioni di comodità. Le artiste si trovavano quindi a portare materiali pesante e ad arrampicarsi sulle scale con i lunghi vestiti che strisciavano sul pavimento e s’impigliavano ovunque. Per di più non potevano essere assunte per lavorare a un basso rilievo insieme ad altri scultori, il che rendeva le loro difficoltà materiali ancora più difficili da risolvere.

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Camille Claudel si dovette presto rendere conto che rispetto alle spese necessarie per i materiali, la fusione e i modelli, l’atelier rappresentava una spesa modesta, soprattutto se si divideva l’affitto con delle compagne. Poiché l’argilla e il gesso erano materiali a buon mercato ma fragili, era necessario colare le sculture nel bronzo per preservarle e perciò pagare non solo il metallo ma anche il fonditore. Il vantaggio di questo procedimento consisteva nel fatto che si potevano produrre molti bronzi a partire da un modello unico in terra o gesso e quindi moltiplicare la possibilità di guadagno se l’opera avrebbe avuto successo. Al contrario del bronzo, il marmo non offriva possibilità di riproduzione. Ogni pezzo doveva essere sgrossato e tagliato separatamente, attività che richiedeva una certa abilità da parte dello scultore perché anche un errore minimo poteva vanificare mesi di lavoro.

Camilla Claudel "Sakountala"
Camilla Claudel “Sakountala”

I modelli rappresentavano un’altra spesa importante per gli artisti, se si considerava che una seduta di posa con un modello particolarmente ambito poteva costare quanto il modesto pasto di una settimana. Ovviamente gli artisti poveri o alle prime armi cercavano di convincere amici o parenti a posare per loro. Anche i primi modelli di Camille Claudel furono la sorella, il fratello Paul e un’anziana domestica. Tuttavia i dilettanti erano un’altra cosa rispetto ai professionisti, capaci di posare per ore senza lamentarsi e spesso in posizioni scomode.

Nella seconda metà del XIX sec., l’apertura dei nuovi atelier di artisti e di scuole private creò un grande bisogno di modelli d’ogni tipo. Molti italiani immigrarono in Francia per ricoprire tali ruoli, tanto che Parigi alla fine del secolo ne contava circa cinquecento.

Le modelle preferite di Rodin erano due sorelle, Adèle e Anna Abruzzesi, una bruna e l’altra bionda, la cui bellezza lo mandava in estasi. Adèle poso per La Femme accroupie, la scultura sessualmente più esplicita che Rodin abbia mai realizzato.

Camille Claudel "L'Età matura" (1902) - Musée d'Orsay, Parigi
Camille Claudel “L’Età matura” (1902) – Musée d’Orsay, Parigi

Siccome le scuole di Belle Arti sceglievano i nuovi modelli il lunedì mattina, si trovavano mercati di modelli in Rue Bonaparte, vicino all’Ecole des Beaux-Arts, intorno alla fontana di Place Pigalle, e più tardi anche in Rue de la Grande-Chaumière, vicino all’Accademia Colarossi. Le più ricercate continuavano ad essere le belle donne, ma anche i giovani muscolosi e i venerabili anziani (che potevano posare come santi) godevano di una certa popolarità.

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La difficoltà non era solo scegliere il modello adatto ma anche quello più professionale. Alcuni modelli non riuscivano a stare tranquilli, altri arrivavano in ritardo, altri ancora sparivano a metà di un lavoro importante. Come accadde a Rodin (che fu abbandonato con una Eve incompiuta perché Adèle, incinta, era fuggita col suo amante) e a Camille ( con il suo modello Sakountala, il quale, dopo essere rientrato in Italia decise di non tornare più a Parigi).

Una delle modelle di Rodin, Rose Beuret, divenne la compagna di tutta la vita. Era una deliziosa sarta con dei grandi occhi d’agata con riflessi dorati, capelli bruni in abbondanza che lei legava e acconciava i maniera originale, caratteristiche familiari che si ritrovano talvolta nelle prime sculture di Rodin. Rose sopportò i lunghi anni di povertà accanto a Rodin e si occupò dell’atelier quando lui era assente. Custodiva i gessi e i marmi e sapeva come mantenere umida l’argilla e come proteggerla dal freddo. Rodin nonostante la devozione di Rose per la famiglia, anche nell’assistere il padre anziano di Rodin, vedeva la “trappola femmina” come “il più terribile dei pericoli per un artista” e on aveva intenzione di farsi coinvolgere da una donna. La sua energia, la sua passione e i suoi sogni erano interamente votati alla scultura.

E Camille, sfidando i tradizionali costumi dell’epoca nella sua vita privata e in quella professionale, osò diventare l’amante di Rodin, di un uomo che viveva con un’altra – crimine imperdonabile per i valori borghesi. Cacciata dalla sua cerchia familiare, avrebbe potuto cercare conforto in un’arte libera, ma libera non era, era un’arte comandata e piegata alla dittatura delle convenzioni. Le sue sculture troppo sessuali per una donna scioccarono il mondo dell’arte accademica. Nonostante i rifiuti, Camille continuò a chiedere inutilmente delle commesse allo Stato finché non propose una figura accettabile: una donna sola, sconfitta e morente. Aveva sfidato convenzioni e pregiudizi ma si ritrovava sola, delusa, non abbastanza stimata e considerata, come avrebbe voluto essere in rapporto al suo genio.

“Una fronte superba e occhi magnifici, di un blu così profondo e così raro che si può trovare soltanto nei romanzi…Mia sorella Camille aveva una bellezza straordinaria ed inoltre un’energia, un’immaginazione, una volontà del tutto eccezionali” –  Paul Claudel.

 

 

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