Il Complesso di San Giovanni Decollato a Roma

A cura di L’Asino d’Oro Associazione Culturale

Non lontano dalla celebre Bocca della Verità, vi è uno dei complessi più interessanti di Roma non solo a livello artistico ma anche a livello storico e sociale, perché era qui che operava l’importante Arciconfraternita della Misericordia. Tutto ebbe inizio quando un gruppo di laici devoti alla Nazione Fiorentina e a San Giovanni Battista, si diede come compito principale quello di assistere, spiritualmente e materialmente, i condannati a morte della Roma papalina. Il sodalizio nacque nel 1488 e venne ufficialmente approvato da Innocenzo VIII, pontefice che diede in uso alla confraternita l’ormai dismessa Chiesa di Santa Maria de Fovea. Fu così che, tra Cinquecento e Seicento, prese forma e sostanza il complesso di San Giovanni Decollato, costituito dalla chiesa, dal convento con chiostro e dall’oratorio, uno degli esempi più significativi di Manierismo toscano a Roma.Immaginando di tornare indietro nel tempo, sul far della sera e alla vigilia di un’esecuzione, avremmo sentito il suono di una campana annunciare al popolo che l’indomani un uomo (o una donna) sarebbe stato giustiziato. I confratelli uscivano quindi dalla loro chiesa, avvolti nei loro mantelli neri, per dirigersi in processione verso le prigioni cittadine, recitando preghiere e annunciando così le esecuzioni ai cittadini. Una volta raggiunto il condannato nella sua cella, i confratelli trascorrevano insieme a lui la lunga veglia notturna, accompagnandolo fino al patibolo. Dopo l’esecuzione, i corpi dei giustiziati che non potevano permettersi una degna sepoltura venivano deposti nelle fosse del chiostro del complesso dell’arciconfraternita, solo però si si erano realmente pentiti. Destino ben più crudele spettava invece agli “eretici impenitenti” perché le loro salme venivano gettate in fosse comuni presso il Muro Torto! Visitare questo complesso non è semplice purtroppo, perché è aperto al pubblico unicamente il 24 Giugno (nel 2018 invece Sabato 23 Giugno), in occasione della celebrazione del santo patrono, San Giovanni Battista. Ma l’attesa sarà ampiamente ripagata. Nella piccola chiesa infatti si potranno ammirare stucchi, altari e importanti opere d’arte e tra i capolavori presenti meritano una particolare menzione la Natività del Battista di Jacopo Zucchi, l’Incredulità di San Tommaso, la Decollazione del Battista di Giorgio Vasari e la Visitazione del Pomaranci.

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Gioiello indiscusso del complesso è però l’oratorio, le cui pareti presentano l’importante ciclo di affreschi con gli episodi della vita del Battista, realizzati dai più grandi artisti manieristi fiorentini dell’epoca: Jacopino del Conte, Francesco Salviati e Pirro Ligorio. La cultura figurativa che esprime questo gruppo di artisti manieristi, sotto la supervisione di Giorgio Vasari, è quella che nasce dall’incontro-scontro fra il Raffaello delle Stanze Vaticane e delle Logge, declinato secondo la sofisticata eleganza di Perin del Vaga e il Michelangelo della Cappella Sistina. Le pitture meritano di essere osservate attentamente per poter così riconoscere le molteplici declinazioni stilistiche che si confrontavano nella pittura romana di quegli anni: il gusto enfatico, quello scenografico e quello attento alla resa architettonica seppur arricchita da straordinari “effetti speciali”. Capolavoro dell’oratorio è poi la grandiosa pala d’altare con la Deposizione della Croce realizzata da Jacopino del Conte nel 1551, un quadro giocato in toni di scuro su scuro, acceso però da colori aciduli, irreali. Imperdibile è poi l’affaccio al vicino chiostro, costruito nel 1600 all’epoca di papa Clemente VIII. Osservando però attentamente i pavimenti del portico, si noterà la presenza di alcune lastre che recano una curiosa iscrizione: “Signore, quando verrai, non ci giudicare”.

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Si tratta in realtà dei chiusini delle fosse comuni in cui furono sepolti dai confratelli i condannati a morte da loro assistiti. Dietro una delle porticine del convento che si affaccia sul chiostro, vi è la cosiddetta “camera storica” dell’Arciconfraternita (purtroppo chiusa al pubblico), la stanza in cui i confratelli, durante il corso dei secoli, hanno riposto alcuni cimeli rarissimi, come per esempio la condanna a morte, affissa ad una parete, di Giordano Bruno; l’inginocchiatoio su cui pregò Beatrice Cenci prima della sua esecuzione e ancora i registri in cui furono elencate tutte le esecuzioni a cui la confraternita aveva partecipato.

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