Georges Seurat e la tecnica del pointilissme: un nuovo modo di raffigurare la realtà

di Laura Corchia

“Nessun artista mi fa pensare a Molière come Seurat, al Molière del “Borghese gentiluomo”, ch’è un balletto pieno di grazia, di lirismo e di buon senso. E tele come il Circo o lo Chahut sono balletti pieni di grazia, di lirismo e di buon senso”.

(G. Apollinaire)

Negli anni Ottanta dell’Ottocento, artisti come Seurat e Signac avevano superato il naturalismo pittorico di stretta osservanza impressionistica, per orientarsi verso una rappresentazione della realtà di tipo scientifico, in linea con le ricerche di Charles Blanc, Ogden Rood e Charles Henri.

L’obiettivo era quello di contrapporre all’empirismo impressionista leggi e teorie precise, applicando alla propria pittura la teoria della percezione visiva e della scomposizione della luce. A tal proposito, fu inaugurata la tecnica del pointillisme: i toni cromatici erano scomposti in minuscole macchie di colore puro accostate tra loro secondo leggi precise.

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Osservati a distanza questi minuscoli puntini si ricomponevano poi nell’unità del tono. I vantaggi erano molteplici: la rappresentazione visiva assumeva una ben precisa fisionomia e gli effetti luminosi si rivelavano più potenti rispetto a quelli ottenuti dagli impressionisti.

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Secondo Félix Fénéon, ciò accadeva perché: “la retina, che si aspetta che gruppi distinti di raggi di luce agiscano su di essa, percepisce in rapidissimo avvicendamento sia gli elementi colorati dissociati sia il colore da essi risultante”. 

Una domenica pomeriggio sull'isola della Grande-Jatte
Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte

La nuova tecnica è chiaramente visibile nel capolavoro di Seurat: Una domenica pomeriggio alla Grande Jatte. Il dipinto è un olio su tela realizzato tra il 1884 e il 1886 e immortala uno degli svaghi preferiti dai parigini di fine secolo, che ai primi soli primaverili accorrevano sulle rive della Senna. In una vasta superficie illuminata dalla luce del sole si dispongono una serie di personaggi vestiti alla moda e colti di spalle o di profilo. Benché siano raffigurati in gruppo, non c’è dialogo tra loro. Seurat sostenne nel 1888: “… io voglio ritrarre le persone del nostro tempo in ciò che hanno di essenziale, voglio ritrarle in quadri combinati in armonia di colori grazie alle direzioni delle tinte, e in armonia di tinte grazie al loro orientamento, disponendo linea e colore l’una in rapporto all’altro”. Il dipinto fu eseguito da Seurat in studio e fu preceduto da una lunga serie di disegni e schizzi preparatori.

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Seurat strinse un forte legame di amicizia con Signac e insieme riuscirono a dimostrare che era possibile individuare un modo per governare l’insondabile percezione psicologica dei colori, che l’impressione si poteva tradurre attraverso rigorosi procedimenti definiti a priori attraverso delle linee guida che, tra l’altro, si ponevano in stretto riferimento con particolari emozioni: i toni chiari, ad esempio, trasmettevano serenità e gaiezza; gli scuri, al contrario, erano perfetti per rappresentare la tristezza. Anche la disposizione delle linee è utile per rappresentare sentimenti: ne La Palade, ad esempio, il loro andamento orizzontale suggerisce tranquillità; ne Il circo, invece, l’effetto di movimento e di vivacità è ottenuto da una fitta trama di linee verticali.

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Scrive Émile Verhaeren in Notes: Georges Seurat, nel 1909: “Alcuni dei paesaggi di Seurat conferiscono, per così dire, un nuovo significato all’idea che possiamo avere della purezza, della fluidità e della freschezza. I suoi personaggi, nella veste ieratica che non potevano non assumere dato il concetto che Seurat aveva dell’arte, sembrano muoversi con gesti così definitivi e così rivelatori del loro carattere, che sembrano fissare non già un istante nella durata, ma la funzione stessa degli uomini nella loro esistenza quotidiana”. 

 

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