Francis Bacon: ‘tra una scia invisibile di un’umana presenza e tracce di una memoria ormai passata’

di Mario Gambatesa

Il Novecento: un secolo terribile, fatto di violenze, di orrori,  conflitti mondiali, repressioni sociali e con una rosa di artisti, che, con caparbietà e volontà, testimoniano attraverso le arti, i processi storici che il mondo inevitabilmente è costretto a vivere.

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Dublino, Londra, Berlino, Parigi, sono i luoghi in cui Francis Bacon nasce, vive e trasforma la sua vita in un viaggio alquanto inaspettato, fatto di azioni e sconfitte, di fibrillazioni pittoriche e di torbida intimità. Sesso, violenza, solitudine: questi gli scenari che lo accompagnano per tutta la vita, ma anche i tre elementi che definiscono la condizione dell’uomo moderno, un collage caotico di stenti emotivi e di un amore portato all’eccesso. Come  Bukowski, figlio diseredato e uomo ai margini della società, anche Bacon vive una condizione simile se non uguale, di un’intera vita passata in balìa di un mondo senza Dio.

2In questo tessuto sociale malato, Francis Bacon, trapiantato a Londra negli anni Trenta, omosessuale, dalla personalità complessa ed al limite del disturbo psichico, diventerà  il maestro e il pioniere della  Nuova Figurazione, codificandone con estrema efficacia il virtuosismo pittorico.
Un artista esistenziale e maledetto: “Un pittore della sodomia, del sadismo, del terrore e della morte, il più duro, il più implacabile artista lirico del ventesimo secolo dell’Inghilterra, forse di tutto il mondo“; così lo definiva il critico Robert Hughes. La pittura, nelle sue mani, diventa uno strumento che gli consente di esorcizzare i suoi demoni, ormai incarnati nella sua mente, di capovolgere il senso della realtà legato alla pittura, rendendo i suoi quadri più reali della realtà stessa: Bacon sapeva di  afferrare perfettamente la realtà, quella vera, quella che  l’occhio umano non è in grado di percepire da solo: la ricetta segreta consisteva nel saper trasformare le sensazioni in immagini, riconducendo il tutto ai due impulsi primitivi opposti ed intrinseci alla natura stessa dell’uomo: l’amore e la morte. Si può notare che, nelle sue opere,  non c’è una vera e propria volontà di rappresentare episodi narranti una vicenda reale, ma un emozione che colpisce la sensibilità profonda e personale dell’osservatore. Queste sue creazioni autentiche,  innovative e che squarciano lo stato d’animo di chi le guarda, non si avvicinano a nessuna corrente artistica né precedente, né contemporanea al periodo in cui egli opera.

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Bacon in una partita giocata nel campo dell’arte, cerca e ottiene a pieni voti una pittura d’immagine, il superamento del reale, che porta ad una esaltazione della figurazione stessa, soprattutto se si osservano i volti dei personaggi, scorgendone i tratti somatici.  Possiamo avere una chiara definizione di questo pensiero, se indirizziamo il nostro sguardo su  alcune delle sue opere più incisive, come ad esempio gli “Uomini in blu”,  forme spettrali e dai volti sfocati, quasi cancellati, rimossi dai propri corpi, oppure la serie delle “Teste” o addirittura il “Ritratto di papa Innocenzo X”, opera del grande Diego Velàzquez, rivisitata da Bacon in maniera maniacale: ne sfigura il soggetto, l’immagine perfetta e autoritaria che il grande artista spagnolo donò ad  Innocenzo X , lasciando così spazio e figura ad un Papa rinchiuso in una rigida gabbia con il volto così  lacerato da essere quasi cancellato. Ma proprio  in questo stato delle cose che l’uomo rivela la sua vera natura ed in cui Bacon riesce, con un virtuosismo tecnico e con una grande manipolazione figurativa, a fissare inesorabilmente su tela soggetti al limite della loro riconoscibilità, sconvolgendo tutti i canoni che fino al secolo precedente erano impressi nel circuito artistico. Costruisce il suo tema centrale in posizione equidistante tra l’apocalisse di Hieronymus Bosch, William Blake ed Edvard Munch. Come è possibile notare dopo questo breve racconto sulla vita e il pensiero di un grande artista come Francis Bacon, l’arte figurativa all’indomani della Seconda Guerra Mondiale non ha perso la sua carica provocatoria.  Questo grande Maestro non restituisce al mondo le cause delle deformazioni di cui tutti soffrono, ma ne illustra con una grandissima e spietata lucidità gli effetti, tra una scia invisibile di un’ umana presenza e tracce di una memoria ormai passata.

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