I Fauves, “il coraggio di ritrovare la purezza dei mezzi”

di Laura Corchia

Il movimento Fauve è considerato, per certi versi, la versione mediterranea dell’Espressionismo tedesco perché, come quello, punta soprattutto sul colore come principale forma d’espressione e si pone come antagonista dell’Impressionismo.

Tuttavia, rispetto all’esperienza tedesca, i Fauves non considerano la pittura come specchio dell’esistenza, ma come esistenza stessa. Inoltre, non fondano il loro pensiero su Nietzsche, ma sulla concezione di Bergson dell’élan vital, di quella spinta creativa e dinamica che stabilisce una fluida e continua corrente tra l’uomo e la realtà, tra il soggetto e l’oggetto.

André Derai, Donna in camicia, 1906
André Derai, Donna in camicia, 1906


Il 18 ottobre 1905 apre i battenti a Parigi la terza edizione del Salon d’Automne. L’ottava sala ospita una serie di opere caratterizzata da colori violenti e dipinte da artisti come Henri Matisse, Albert Marquet, André Derain, Maurice de Vlaminck, Henry Manguin, Charles Chamoin. Quella stanza è passata poi alla storia come la “gabbia centrale” e il giornalista Luis Vauxcelles, visitandola, non può fare a meno di esclamare: “Donatello chez les fauves (Donatello tra le belve)”, dal momento che tra quelle opere era anche esposto un bronzetto di carattere classicheggiante.

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Il gruppo dei Fauves, pur non essendo sorto come movimento organizzato, si riconosce in alcune comuni convinzioni: la predominanza del colore e delle sensazioni personali ed interiori dell’artista, l’istintività dell’esecuzione, lo svincolo delle tinte dalla realtà che intendono rappresentare.

Maurice de Vlaminck, Donna con cane, 1905
Maurice de Vlaminck, Donna con cane, 1905

Entusiasti, esplosivi ed individualisti, i Fauves moltiplicano le loro ricerche sui luoghi comuni di ricerca, di lavoro, di lotta e fanno riferimento al membro più anziano del gruppo, Matisse. Con queste parole. Othon Friesz definisce il movimento: “dare l’equivalente della luce solare con una tecnica fatta di orchestrazioni colorate, trasposizioni passionali (che hanno come punto di partenza l’emozione diretta sulla natura) le cui verità e le cui teorie si elaborano attraverso ricerche ardenti ed entusiasmanti”. 

La fortuna dei Fauves ha inizio con la citata mostra del 1905 ma non ha lunga durata: è come una breve, felice, luminosa esplosione che sconvolge e trasforma il mondo dell’arte e che ispirerà artisti come Picasso e che nutrirà quel crogiuolo di pittori che costituirà la Scuola di Parigi.

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André Derain, Charing Cross Bridge. 1906
André Derain, Charing Cross Bridge. 1906

Intanto, i protagonisti di questa corrente prenderanno ciascuno la propria strada: alla massima autonomia raggiunta presto da Braque si contrappone la svolta classicista di Derain e la ripetizione di De Vlaminck dei quadri della gioventù, l’unico a dichiarare anche in età tarda “il Fauvismo sono io”.

 

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