Emile Zola e Paul Cézanne: storia di un’amicizia distrutta

Di Laura Corchia

Alla metà del 1800, la vita scorre tranquilla ad Aix-en-Provence, città ricca di belle chiese, di vecchie case di pietra dal colore caldo, circondata da colline e vigneti e dominata dalla montagna Sainte-Victoire. Nel collegio Bourbon, due adolescenti si conoscono per la prima volta: Paul ha tredici anni ed Emile un anno in meno.

Pure di natura diversa, sono reciprocamente attratti da segrete affinità: «dal vago tormento di una comune ambizione, dallo stimolo di un’intelligenza superiore», come dirà Zola. Nato a Parigi, egli, dopo la morte prematura del padre, vive di ristrettezze economiche, mentre Cézanne è figlio di un facoltoso banchiere. Nonostante le evidenti differenze economiche, i due ragazzi stringono una amicizia appassionata, fatta di poesia, di infuocate visioni romantiche, di lunghe nuotate nei corsi d’acqua, di pesci afferrati con le mani, di corse folli in campagna e di escursioni sulla montagna Sainte-Victoire. Si scambiano componimenti ardenti, discutono di amori impossibili e si perdono nei sogni fanciulleschi di un futuro radioso: «Ti ricordi del pino sulla riva dell’Arc, la cui fitta chioma sporgeva sul precipizio ai suoi piedi, di quel pino che proteggeva il nostro corpo dall’ardore del sole? Possano gli dei preservarlo dall’oltraggio funesto dall’accetta del legnaiolo!» scriverà Cézanne nel 1858, definendo l’amico «poetico, bacchico, erotico, fantastico, antico».

Paul Alexis legge un manoscritto a Zola, di Paul Cézanne (1869-1870)
Paul Alexis legge un manoscritto a Zola, di Paul Cézanne (1869-1870)

Alternano all’attività all’aria aperta la passione per la letteratura e per la poesia. Hanno libri dovunque, nelle tasche e nelle borse: «Per un anno Victor Hugo regnò su di noi, ci aveva conquistato con il suo potente afflato di gigante […] quando tornavamo a casa al crepuscolo, il nostro passo armonizzava con la cadenza dei suoi versi, sonori come squilli di tromba». Scrivono, compongono musica, fanno esperimenti chimici, traducono versi poetici.

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Cézanne ha un fisico robusto, ma un animo fragile, delicato e soggetto a crisi depressive, minacciato da un demone sempre pronto a coglierlo alle spalle. Deciso a consacrare la sua vita all’arte, sogna una gloria da condividere con il compagno dei suoi giorni felici, votato invece alla scrittura. «Ho fatto un sogno, avevo scritto un bel libro, un libro sublime che tu avevi illustrato con splendide incisioni. I nostri due nomi brillavano a lettere d’oro, uniti sul frontespizio, e nella fraternità del genio passavamo inseparabili alla posterità».

La separazione, seppur momentanea, giunge nel 1858, quando Zola è costretto a raggiungere la madre a Parigi. La sofferente separazione è lenita dalla fitta corrispondenza, fatta di gioia e di malinconia, di vitalità e di abbandono: «Nuoti? Fai baldoria? Dipingi? Suoni il corno? Scrivi poesie?».

Qualche anno più tardi, Paul parte alla volta di Parigi. L’amicizia tra i due ora è fatta di alti e bassi, ma è pur sempre forte e salda, tanto che Zola dedica un libello dal titolo Mon Salon (1866) a Cézanne: «É solo per te che scrivo queste poche pagine, so che le leggerai col cuore e che domani mi amerai con più affetto […] Tu sei tutta la mia giovinezza, ti trovo unito a tutte le mie gioie, a tutte le mie sofferenze. I nostri spiriti, in fraternità, si sono sviluppati fianco a fianco. Oggi abbiamo fede in noi perché abbiamo penetrato i nostri cuori e la nostra carne».

Dopo il successo di L’Assommoir, Zola acquista una casa a Médan. Cézanne è spesso suo ospite, ambienta le proprie opere sulla riva della Senna e dipinge il complesso del castello. Tuttavia, il suo carattere schivo e solitario gli impedisce di legarsi con l’ambiente mondano che circonda l’amico scrittore. Egli, da un lato, ne teme il giudizio e, dall’altro, si sente misconosciuto. Quando più tardi il mercante Ambroise gli chiederà il motivo della rottura con Zola, Cézanne risponderà: «Tra di noi non c’è mai stata una vera lite, non mi sentivo più a mio agio in una casa piena di tappeti, di domestici e “l’altro” che lavorava a una scrivania di legno scolpito».

La vera crisi con Zola avviene con la pubblicazione del romanzo L’oeuvre. Cézanne si rispecchia infatti nel protagonista, un pittore dotato ma incapace di realizzarsi, che alla fine si suicida. L’artista sente che l’amico scrittore è deluso dalle sue opere pittoriche. Ne è la prova il silenzio su di lui negli articoli critici, la costante reticenza nel lodarlo. Quando riceve la copia del romanzo scrive: «Caro Emile ho appena ricevuto L’Oeuvre che mi hai gentilmente mandato. Ringrazio l’autore dei Rougon Maquart per questo ricordo degli anni passati. Tuo, nell’emozione di allora, Paul Cézanne». Le parole usate in questa breve lettera fanno riferimento ad un passato che ormai non tornerà più ed alla volontà di porre fine ad un legame che sente apparentemente morto nel suo cuore. Zola, rispettando il desiderio di solitudine di Paul, non lo cercherà più e le loro strade si separano per sempre. Ma, in una mite mattina di settembre del 1902, Cézanne viene a sapere dal giardiniere che il suo amico scrittore è morto, asfissiato dal fumo di un camino. Si chiude nello studio e si abbandona ad un pianto disperato per tutto il giorno.

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