Dentro l’opera: la “Venere di Urbino” di Tiziano

Di Laura Corchia

Questa splendida donna adagiata su un soffice letto fu commissionata nel 1538 a Tiziano da Guidobaldo della Rovere, futuro signore di Urbino. Egli, a più riprese, sollecitava al proprio agente a Venezia l’acquisto della tela e, al tempo stesso, insisteva con la madre, la morigerata duchessa Eleonora, a cedergli il denaro necessario.

Tali circostanze ci sono note dalla testimonianza di Marcantonio Michiel, letterato e collezionista d’arte veneziano, utile anche a comprendere il significato del dipinto: l’importanza dell’erotismo nella vita matrimoniale.

Tiziano_-_Venere_di_Urbino_-_Google_Art_Project

Sappiamo infatti dalle fonti che nel 1534 Guidobaldo per la ragion di Stato convolava a nozze con Giulia Varano, duchessa di Camerino, che all’epoca aveva solo dieci anni. Ciò precludeva agli sposi la comunione carnale e il quadro, dipinto tra il 1537 e il 1538, cadrebbe proprio negli anni della maturazione sessuale della giovane e avrebbe lo scopo di introdurla alla sessualità.

Vasari vide l’opera ma curiosamente non ne lodò la dea protagonista ma “certi panni sottili attorno molto belli e ben finiti”. Nel corso dei secoli il dipinto ebbe una straordinaria fortuna. Lo troviamo infatti citato in numerosissime guide e nei ricordi dei viaggiatori, suscitando anche moltissime richieste di copie e anche Manet si ispirò alla Venere di Tiziano per dipingere la sua altrettanto sensuale e sfacciata Olympia.

Leggi anche  Frida Kahlo: "Amami un poco, io ti adoro". Lettera a Diego

Tiziano, che in precedenza era intervenuto sulla Venere di Giorgione, sceglie di rappresentare Venere, dea dell’amore, mollemente sdraiata su un letto sfatto. Il corpo ha una carnalità sensuale ed invitante e occupa quasi tutta la lunghezza della tela. La posa è naturale e disinvolta, con il braccio destro piegato a sostenere il busto, le gambe incrociate, lo sguardo invitante rivolto verso lo spettatore, i capelli sciolti sul cuscino, la mano sinistra sul pube che nasconde e nel tempo stesso suggerisce, il mazzolino di rose, fiore sacro a Venere. La dea ha un anello al dito mignolo, un bel bracciale d’oro con pietre preziose e una perla a forma di goccia come orecchino. Questi chiari richiami erotici si accompagnano a simboli che alludono alla castità matrimoniale: il cagnolino che dorme acciambellato su un angolo del letto, la pianta di mirto sul davanzale, le fantesche che tirano fuori dai cassoni nuziali le vesti che la signora indosserà durante le apparizioni pubbliche. La scena è ambientata in una sontuosa camera matrimoniale, con le pareti coperte da arazzi e una finestra che affaccia sull’orizzonte. La pesante tenda verde è scostata per far ammirare il pavimento a riquadri, le candelabre dorate, i cassoni decorati con classicheggianti girali d’acanto. La modella che ha posato per il quadro è la stessa che compare ne La Bella conservata a Palazzo Pitti e ne La fanciulla in pelliccia di Vienna.

Leggi anche  “Ricetta”, la spendida poesia di Mascha Kaléko che insegna a vivere la vita

 

RIPRODUZIONE RISERVATA