David Hockney, “A bigger splash”: un tuffo nel blu

di Laura Corchia

Giugno 1967, California. L’artista David Hockney, da poco giunto nell’assolata Los Angeles, scopre che in ogni villa c’è una piscina. Il clima è disteso, meno frenetico rispetto alle metropoli che è abituato a visitare. Anche il modo di vivere è completamente diverso in confronto alla sua terra d’origine, l’Inghilterra.

A bigger splash, 1967
A bigger splash, 1967

Tra le tante riviste che gli capita di sfogliare, una gli ispira il dipinto dal titolo A bigger splash. Molte delle sue opere, infatti, sono tratte da fotografie che lui stesso scatta o che preleva dai magazines. 

Il dipinto, di formato quadrangolare, colpisce subito per la brillantezza cromatica, resa più audace dall’utilizzo del colore acrilico. Le campiture piatte descrivono un ambiente che costringe l’osservatore ad interrogarsi, a cercare con lo sguardo tracce della presenza umana. Due palme si ergono all’orizzonte, una sedia vuota è posizionata vicino ad una costruzione di gusto razionale e moderno, un trampolino giallo in primo piano conferisce profondità alla scena. La calma apparente è però spezzata da un tuffo, del quale si avverte quasi il rumore. L’uomo c’è, dunque, ma non si vede. E’ immerso nelle acque della piscina, il cui turchese fa eco al blu del cielo. Tra aria ed acqua, una striscia di terra ricollega la vasca all’edificio. Assoluto protagonista è il colore bianco, steso con pennellate informali ed uniformi, come a disturbare la quiete. L’artista tenta, in questo modo, di fermare per sempre un qualcosa che, nella vita reale, avviene troppo velocemente e difficilmente può essere congelato in un istante che sembra divenire eterno.

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Bibliografia: G. Dorfles, A. Vettese, Storia dell’arte 4 – Novecento e oltre, Atlas edizioni, p. 374.